venerdì 5 aprile 2013

ODE INCIVILE

8.21 aspettando i tempi della rete tre sottoterra. Fino a Garibaldi, un colabrodo nel quale l'ipad fatica non poco. Non è vero viaggio quello che mi fa scrivere stamattina, ma devo raccontarlo.
Esco di casa, piove. Non un diluvio, ma una pioggia convinta, per dire ai milanesi che il weekend va in puzza. Nell'attraversare via Vallazze, sulle strisce, ad abundantiam controllo anche che non arrivino milanesi motorizzati ed incarogniti dal meteo. A destra un'auto in uscita dal parcheggio mi garantisce un attraversamento sicuro, a sinistra medesimo effetto grazie al semaforo rosso.
Sto per ritornare con sguardo e mente al piccolo mondo che stamattina è così ben delimitato dall'ombrello quando, dall'auto a destra, giunge un rumore croccante. Rialzo a fatica lo sguardo.
Venerdì in via Vallazze l'amsa ritira la plastica, che compare in montagnette tra le auto a lisca di pesce. Il mio autista in uscita ha preso un paio di sacchi col parafango. Se li sta trascinando dietro mentre fa manovra.
Mi fermo sulle strisce, per vedere come se la cava.
Scenderà immagino.
Prosegue nella manovra, e con lui i sacchi.
Non se ne è accorto? Difficile.
Auto e sacchi sono quasi dritti in strada.
Chiaro, fa manovra, accosta un attimo e se li toglie dai piedi.
Raddrizza le ruote.
Eccolo, adesso scende, se no che fa, se li porta in ufficio?
Marcia avanti, rumore di plastica pressata.
L'anteriore sinistra, quella dei sacchi, si alza non poco mentre li scavalca.
L'auto ondeggia.
Io in mezzo alla strada, inizio a non dare più per scontato.
L'auto parte verso di me, che ho intanto raggiunto il marciapiede.
I sacchi mezzi schiacciati sotto la pioggia, sulla linea di mezzeria di via Vallazze.
Cerco di vederlo in faccia mentre mi sfila, capisco solo che è un uomo. Vedo due bambini sui sedili posteriori.
Una station wagon, rosso scuro direi.
Una persona normale direi, con un buon lavoro e una famiglia.
Dopo aver aspettato sotto la pioggia che sfilasse una decina di auto, che con perizia evitavano il fagotto non identificato, sono andato in mezzo alla strada e ho riportato i sacchi nel mucchio da cui provenivano.
Alle mie spalle, il camion dell'amsa in arrivo.
La cosa pubblica è la cosa di tutti.
Quella di nessuno, piuttosto.

giovedì 28 marzo 2013

ARRIVO

8.44 il viaggio è alle spalle, l'aria fredda del pigro marzo assaghese mi risveglia mentre cammino verso l'ufficio.

Questo allora? Per dire che ci sono e vivo. Prima di Pasqua, quattro giorni senza viaggi.

lunedì 25 marzo 2013

PARADIGMA

18.35 banchina gelata. Fredda, comunque.

Ho poco da dire, che già non fosse noto. È stato detto quello che si sapeva, ed il potere delle parole si è mostrato in tutto il suo magnificente sfarzo. Non è cambiato nulla ed è cambiato tutto.

Le telefonate come visite dovute o le piccole perdite collaterali sono solo contorno.

Vado a casa. Uguale e diverso.

mercoledì 20 marzo 2013

DETRITI

8.18 Lanza. Dal mio angolino guadagnato a Loreto, di fianco ad un innervosito per sue turbe  sudamericano, vi vedo tutti. Ognuno di voi ha una scia. Parole, gesti, silenzi. Come ami su una lenza. Arpioni sulla cima che trascinate. Una coda che non è dietro, ma davanti, di fianco. 
Che si impiglia. Ovunque. Prevalentemente nelle persone. Graffia, aggancia, lacera. Nessuno di voi torna a casa indenne. Qualcuno ha già iniziato appena sveglio. La più grande attenzione non vi basterà per evitare qualche danno.
I più generosi ogni tanto la scrollano, qualcuno sente subito anche il più lieve strattone, ma non è bravura, non un merito.
Ognuno di voi. Pescatori a strascico.

martedì 19 marzo 2013

SECONDO PILOTA

7.44 stabilito che funzioni, va usata. Per usarla bisogna tacitare le sirene che si porta appresso. Giochi che fanno letteralmente sparire il viaggio, e portano a destinazione volando sul tempo e i binari. Verso centrale occhi pronti e gambe l'estero, la legge del più forte comanda i posti a sedere.
Allerta, errore nel tentativo di salvare il post. Brutto segno. Fermi tutti, il campo c'è, quindi? Non è niente facile scrivere con la minaccia di perdere tutto. Provo a pubblicare. Non funziona. Non ho campo.
Niente.
Lanza. I vecchi metodi funzionano su un iPad come funzionavano coi vecchi 286. Spegni e riaccendi. La chiusura dell'89% dei ticket IT. Hai provato a spegnere e riaccendere?
Cadorna, finora ho scritto solo dello scrivere. Segno di scarsità di risorse. In effetti a parte le due sciure alle mie spalle, una delle quali ha una storia complicatissima di seconde nozze, o più probabilmente di convivenza e figli reciproci dei precedenti matrimoni che, giustamente dico io, fanno casini e boicottano; a parte loro, che non hanno smesso un attimo di parlare, per fortuna senza urlare, non ho visto gran che, nè ho molto da raccontare.
Colpa delle sirene che mi vorrebbero a coniare parole io contro tutti? Non è da escludere.
Porta Genova, le sciure sono scese, quale che sia il motivo, chiudo qui.

venerdì 15 marzo 2013

MELA GODO

7.42 via Ampere. Tasti grossi, quasi un laptop. Ottimo feed, come dicono gli smanettoni. Giusto qualche problema a mettere al suo posto il correttore automatico troppo zelante. Sono in banchina a Piola, test da seduto. Buono.
Non é il blackberry, il mirtillo resta inarrivabile, ma diciamo che ha i suoi vantaggi, la mela.
Ad esempio il fatto che io stia direttamente scrivendo sul sito. Non male saltare la fase di trasferimento, con la creazione manuale di data e ora del post. 
Test in piedi con treno in movimento. Ottimo. Quasi più facile del bberry. Sempre di pollici, ma con più spazio.
Insomma, dopo i post rocamboleschi scritti, passati su un file word, importati dal mirtillo ormai senza connessione al pc attraverso il cavo dati e pubblicati, questa è una cuccagna.
È Apple, che il correttore automatico mi impone maiuscolo, ma non si può negare che cedere alla vox populi a volte paghi.
Centrale. Manca l'ultimo test. Il tasto pubblica. Prima però provo a scrivere l'ultimo tutto attaccato, e la mela lo corregge.
Gioia. Pubblica.

mercoledì 27 febbraio 2013

RECLUSI

7.59 i lembi di terra cinti ed assediati dall'asfalto ogni mattina, quando esco all'aria di famagosta, muovono in me qualcosa.
Pezzi di campagna ormai minuscoli, sporchi di rifiuti, costretti tra l'autostrada e la massicciata del treno.
Un tempo qui era tutta campagna. Mi angoscia non avere un luogo dove spingere lo sguardo in avanti senza trovare tracce umane.