venerdì 30 marzo 2012

IMPREVISTO


16.59 a monte.
Sono oltre Loreto, ho incontrato un collega in stazione ad Assago e le metro note del venerdì sono andate.
Proprio stasera; c'era materiale umano degno di finire tra le mie quattro righe.
Piola, Già saluto.

DEBACLE


8.54 fuorilegge.
Da studente universitario, nel tentativo di imitarne il modello, facevo programmi di studio a tavolino. I primi anni almeno. Con tanto di numero di pagine da studiare per ogni singolo slot della giornata dedicato allo studio.
Con regolarità accumulavo un paio di facciate di ritardo per slot, guardandole benevolo, credendo nella loro innocuità.
Questo fino al giorno, mai troppo in là nel tempo, in cui il luogo in cui ero e quello in cui avrei dovuto essere si somigliavano talmente poco da costringermi ad appallottolare, per coerenza ed onestà intellettuale, il ligio cronoprogramma dei lavori.
La sensazione che provo stamattina é simile. Ho persino pensato, arrivato in via Pacini, di fare un salto in farmacia. Tanto, ritardo per ritardo.
Sveglia effettiva, ossia momento di coscienza del sé, alle 8,02. Un vago ricordo di una sveglia messa a tacere con metodi vetero autoritari, un'esatta coscienza di aver tentato il suicidio con la seconda porzione di cassoeula+polenta, la sensazione presente ed indiscutibile di avere cotenne di maiale e verze a foderare ogni centimetro quadrato del tubo digerente, a partire dalla bocca.
Cadorna intanto, e un posto a sedere.
Sta di fatto che solo un'abnegazione eroica mi ha consentito di non marcare visita, e qualcosa di ancora più potente mi sta facendo scrivere anziché recuperare una ventina di minuti dal baratro di ore di sonno perse in colluttazioni gastriche col suino fallace.
Alla ragazzina di fianco a me é arrivata una telefonata, la suoneria mi é esplosa nell'orecchio, la vedo male per l'ufficio. Occhi a fessura, fastidio per i rumori, per fortuna non faccio il commesso in un negozio.
Il treno, lo avevo intuito anche entrando, ha i corrimano - nome che ho deciso di dare a tutti i tubi orizzontali e/o verticali cui la gente si appiglia durante il viaggio, in attesa di una wikipediata - verde lattementa. Non escludo che tutti i modelli del suo genere - i vecchi treni riadattati con le carrozze unite - siano così, io l'ho visto oggi.
Taglio corto, perché ho ricevuto una telefonata e sono in ufficio, anche in questo fuori dal programma.
Solo sette minuti di ritardo, per la cronaca. Thanks God it's friday.

giovedì 29 marzo 2012

MEFISTOFELE


19.24 ribrezzo.
Il treno lindo-pulito-nuovo-con-vocina-automatica ha il solo piccolo difetto di puzzare di uovo marcio come se fosse stato parcheggiato fino a un momento fa in mezzo al pattume.
E' indiscutibilmente vuoto. Da dove sono, con tanto che é un treno senza divisori tra vagoni, conto una ventina al massimo di persone.
Incluso il gruppo di tamarri senza scopo che hanno ingannato l'attesa in banchina fingendo di lanciare un bambino sulle rotaie.
Il ballottaggio del mio stupore se lo giocano il fatto che dei genitori possano aver affidato un bimbo, di nemmeno 10 anni, a queste grottesche imitazioni di essere umano da una parte. All'altro lato del ring c'è il fatto che, quando il folto del gruppo si é alzato, ho visto tra di loro una ragazza, che ha assistito alle prodezze acrobatiche del lanciatore di bambini senza fare una voce.
Romolo riempie il treno di qualche faccia in più, ma il colore prevalente resta il giallo uovo dei sedili vuoti.
Ho i muscoli doloranti, dopo il quarto giorno di palestra (parlo di me, in assenza di qualcosa di saliente a bordo). Quattro allenamenti a cui aggiungere la partita di martedì sera.
Mi si potrebbe immaginare una massa di muscoli tirata a lucido senza un grammo di grasso, invece anche ora, piegato in avanti per scrivere coi gomiti sulle cosce, sento la pingue incombenza della mia panzetta di trentenne impiegato di assicurazioni.
Il ragazzo di fronte a me si é pulito le mani con una sorta di amuchina profumata, alcol e qualcosa di simile alla lavanda hanno per qualche istante saturato l'aria.
Sant'Ambrogio, prossima fermata Cadorna blabla corrispondenza con bla blabla e rail lines blah blablah. Belli moderni e puliti quanto si vuole, ma la signorina Vocenarrante é una piaga. Capisco i forestieri, magari nemmeno italiani, che cercano di districarsi nel dedalo di metropolitane milanesi - tre - ma io salgo ad Assago e scendo a Piola, o viceversa, due volte al giorno per cinque giorni alla settimana. Che a Cadorna si possano prendere qualcosa come sette linee suburbane, per non dir del Malpensa Express, non mi interessa.
Moscova la prossima, l'igienista é sceso. Sta per scendere anche un brizzolato che ho studiato per un minuto buono, nel tentativo di capire se, invecchiando un mio ex collega, i profili coincidessero. Passandomi davanti sulla banchina di Moscova mi ha definitivamente convinto di non essere lui. Nemmeno lontanamente.
Ora davanti a me ho una coppia che fa gara di app sui rispettivi ipad. Bello eh, non discuto, ma ho l'impressione che serva a poco più che a far vedere quante cose mirabolanti sa fare. Mi immagino i possessori di ipad alla disperata ricerca di qualcuno a cui farlo vedere, e tristi nelle loro stanzette quando il pubblico scarseggia.
Gioia, lo stomaco gorgheggia stanco di veder passare solo acqua. Eppure dovrebbe sapere che tra un quarto d'ora - sono ufficialmente in ritardo - dovrà accogliere una porzione ingente di quella che i bookmakers hanno previsto essere una cassoeula da 12 kg. Gli stessi bookmakers tacciono sul numero di commensali, come se la cosa fosse di poco rilievo.
Avviso i miei autisti e torno.
Ho scorso il post, tornando dall'avviso: stasera ho scritto un papiro, sará stato il digiuno di stamattina.
Loreto, fermata di solito capace di saturare gli spazi, stasera é quasi deserta.
Next stop Piola, stomaco imbizarrito, speriamo di non passare all'estremo opposto nelle prossime due ore.

POSTUMO

8.45 Fermo.
Prima che si pensi che la vena artistica si sia già prosciugata dopo nemmeno tre settimane, preferisco violare una regola e scrivere due righe postume.
Sono in ufficio, e sto scrivendo direttamente sul sito. Niente blackberry.
E' sempre la stessa storia di priorità. Stamattina viaggiavo in compagnia di mia moglie, mi sarei sentito almeno idiota, sicuramente scortese a scrivere con lei di fianco.
Tutto qui. Stasera torno.

mercoledì 28 marzo 2012

SENILITA'


18.42 in viaggio.
Ci sono priorità nella vita, se inizio a scrivere oltre Famagosta é ben per quello. Ero al telefono con mia nonna, novantenne da un mesetto.
Mica uno può sempre scrivere.
Non sono un nipote modello, se é per questo nemmeno un figlio, nipote o cugino. Ci provo, quantomeno.
Cerco di ricordarmi che le persone hanno bisogno di sentire l'affetto con gesti concreti, ma anche solo con una telefonata. Non è facile per niente, basta un attimo per far prevalere il me indolente, poco attento alle persone - a tutte tranne una, per l'esattezza, o comunque ad una alla volta e generalmente la stessa.
Oggi ho sentito il bisogno di chiamarla, mi sono preoccupato non trovandola a casa stamattina. Paola dice che le nonne sono dei jolly. Difficile da spiegare.
Attorno a me la carrozza si é riempita, una ragazza con occhiali a montatura nera mi fissa, voci mi circondano.
Scendo prima stasera, ma é una sorpresa. Dalle porte aperte di Cadorna entra aria fredda - sic - e mi rendo conto che ho poco da dire in questo momento.
E poca voglia di cercarlo.
Lanza mi salva. Scendo

FRESCHETTO


7.20 risvegli.
Mezz'ora meno di sonno equivale a viaggiare nel tempo. Sentire per esempio la mancanza di una sciarpa. Non incontrare i bambini con genitori al seguito che vanno a scuola. Trovare i bar che stanno aprendo, anche quello dei cinesi che ieri a mezzanotte era ancora in attività.
Signifca essere già seduto in un vagone sonnacchioso e taciturno, di fianco ad un uomo sulla sessantina che, avendo valutato le dimensioni del mio borsone, ha preferito scorrere che farmi passare per prendere il posto libero alla sua destra.
Centrale. Sale una decina scarsa di passeggeri mutangheri.
Non mi dispiace per niente quest'atmosfera sospesa, nella quale, quando il treno non fa troppo rumore, riesco a distinguere il ticchettio dei tasti mentre scrivo.
Concilia il sonno, tutto questo silenzio.
Garibaldi riempie il vagone di voci, che però esitano di fronte al nostro silenzio. Di fianco al mio posto due ragazze di colore chiacchierano, quella vicino a me profuma di incenso. Poco più in là un ragazzo, direi indiano, con una pettinatura progettata e realizzata nel 1973, giubbetto di jeans di una decina di anni dopo si guarda attorno con occhi liquidi.
Il profumo di incenso é intenso e piacevole, ma scende a Cadorna assieme al mio compagno di sedile, di cui prendo il posto.
Di fronte a me ho due compagni di scuola sui quindici anni. Che siano coetanei lo dimostrano solo il fatto che parlino tra di loro e le medesime guance scavate dall'acne. C'é un'età, che arretra con le generazioni, nella quale le ragazze accelerano verso l'etá adulta e i ragazzi rimangono invischiati nell'infanzia.
Salvo rari casi, é un divario che non si ricuce più.
Famagosta si avvicina, devo ammetterlo, la sto aspettando da quando ieri sera ho anticipato la sveglia alle 6.30: oggi potrò capire se mi spetta ancora qualche alba. Posso sopravvivere senza, e non mi metterò certo ad aspettare settembre con trepidazione, ma se capita..
Il free press letto dal passeggero davanto a me - sfogliato, a meno che il grassoccio signore non legga come un missile - titolava qualche pagina fa "più irpef, meno caffè". Uno non si aspetta, dopo aver studiato le crisi economiche sui libri, di viverne una..
Siamo fuori; anche il sole.
Ha ancora il colore rosseggiante di quando fa capolino sopra Gratosoglio, ma di sicuro si é già affacciato da un po' sull'orizzonte sgombro di nuvole.
Il treno prende l'ultimo tunnel, e io prendo commiato dall'inverno. All'anno prossimo.

martedì 27 marzo 2012

RIENTRI


18.54 sonnolento.
Avrei voluto uscire prima, mi ha ingannato la luce. Forse l'unico aspetto negativo del cambio di orario, ma basta guardare l'ora e non fidarsi del sole.
Di fronte e di fianco a me le vie aeree sono ostruite. Se si tratta dell'inizio delle allergie potrei quasi essere felice, significherebbe che più resta nel passato la mia carriera di nicotina meno sono soggetto al maledetto polline. Se fosse raffreddore, ho sbagliato sedile.
Famagosta, occhiali da sole non più utili. Cambio.
La raffreddata che mi siede di fianco canticchia, poco più in là un - stavo scrivendo walkman, poco prima di risvegliarmi nel terzo millennio - lettore multimediale portatile - walkman sarà vecchio ma é breve e non brandizzato - diffonde un ritmo tuzzante.
Come si possa ascoltare, nel senso proprio di chi ascolta musica e non ci si imbatte, musica da discoteca su uno dei numerosi parenti dell'ipod, con la necessitá quindi di averlo scaricato e riprodotto consapevolmente, per me resta un mistero.
Sant'Ambrogio, umanità varia in salita.
Trentenne occhialoni viola appoggiata alla porta, pashmina fucsia richiamata dalle ballerine.
Messico/peruviana sbadigliante dalle forme generose, ingenerosa l'altezza, chiacchiera al telefono con aria disillusa.
Capello fashion spettinato, giacca di pelle barba curata e scarpa radical chic marrone stringhe bianche pilucca il cellulare touch.
Ricciolone con jeans chiari fuori moda e la trainer di cattivo gusto si atteggia appoggiato a un corrimano.
Ragazzino con camicia grunge rossoblu e scarpe verde fluo guarda nel vuoto mentre il supposto padre, mocassino nero gamba accavallata camicia chiara - e sotto girocollo scura! - sfoglia una rivista con aria annoiata.
Garibaldi. Nessuno dei miei ritratti é sceso, qualcuno ha cambiato posto. La mia vicina non é cambiata, ogni tanto canticchia, continua a cincischiare il cellulare, ma sono abbastanza sicuro che non stia tenendo un blog.
Il bimbogrunge ha capelli che sembrano tinti, o quantomeno riflessati. Mai escludere ipotesi, anche le più bizzarre.
Come ogni martedì, ho i minuti contati per arrivare a casa e ripartire. Stasera partita contro la capolista, ne prenderemo verosimilmente una certa quantitá e io trascorrerò diverso tempo in panchina. In piedi, perché seduto non riesco a starci.
A Centrale é salito un frequentatore della Virgin. Ormai la borsa omaggio per gli abbonati é sempre più facile da trovare in giro. Pubblicità a bassissimo costo, anzi, paghiamo per farla.
Il palestrista cerca di stupire l'interlocutrice telefonica con un ripetuto "got it?", poi tenta di organizzare per Pasqua.
Loreto ha saturato il treno, vedo di avvicinarmi alle porte di Piola, quelle di sinistra, ora come ora distanti non pochi corpi da me.

GREEN


7.58 al volo.
Sono sulla seconda carrozza, territorio sconosciuto. Il treno è arrivato mentre stavo ancora scendendo le scale, ho dovuto scegliere.
La terra straniera però mi ha ricompensato con due cose: un posto a sedere a Loreto e un promemoria. Il secondo nelle fattezze di una bambina con mamma stracarica e sguardo perso nel disgusto.
Mi ha ricordato, la bambina, col suo zaino scolastico a rotelle, il gruppo di suoi coetanei che ho incrociato in via Ampere. Gli zaini hanno messo le ruote, un'idea semplice, ma giovane.
La bambina promemoria mi ha anche tranquillizzato sul fatto che nella sostanza la scuola non si sia così tanto ammodernata come gli zaini trolley vorrebbero far credere: la sua maestra ha fatto scrivere cento volte "devo obbedire alla maestra" a metá della classe.
Dato lo scarso feedback del genitore affardellato di borse e nausea, la piccola si é poi messa a sfogliare un free press, sulla cui copertina il viso triste di Ranieri annunciava l'irreparabile: Stramaccioni, o qualcosa del genere, é il nuovo allenatore dell'Inter. Siamo tornati agli anni novanta più cupi.
Si é fatta Lanza, nel frattempo, oggi sono lento, e racconto in differita. Cadorna, addirittura, che con la sua banchina promette di riempire questo treno tanto vuoto da essere - quasi - fresco.
Questo vagone almeno, visto che con voce seccata il "capostazione" - si chiamerà così? - di Cadorna invitava la gente a lasciare chiudere le porte.
In universitá ho studiato il teorema delle casse del supermercato: se se ne apre una, la gente in coda a quelle aperte si distribuirà uniformemente su tutte quelle aperte. Balle. La vita é piena di inerzie ovunque, e gli esseri umani sono ricettacoli di inerzia. Stamattina aver preso la seconda carrozza anziché la mia solita mi è sembrato un salto nel buio tanto da raccontarne.
Porta Genova, passaggeri totali saliti 5. Saranno tutti affastellati nelle carrozze centrali, a pagare la malavoglia che ha impedito loro di seguire i consigli dell'altoparlante.
Famagosta, sono rimasti solo gli assaghesi, che a breve indosseranno gli occhiali da sole. La mia teoria sul ritorno delle albe grazie all'ora solare, anche se non ancora testata nelle condizioni migliori, temo sia falsa: il sole alle 8.20 é già alto, non penso che uscire mezz'ora prima di casa cambi qualcosa.
Dopotutto é primavera, me lo hanno fatto presente anche gli alberi di via Ampere, che oggi mostravano, timide, ma indiscutibili, le prime foglie. Il primo verde.
Tunnel, massicciata, Assago.

lunedì 26 marzo 2012

PERFEZIONE


17.28 utopia.
Sole alto, aria calda, treno arrivato al volo ma senza dover correre, e una sensazione magnifica di venerdì pomeriggio. Che, di lunedì, vale doppio o triplo.
Curva a sinistra del treno e mi prendo anche un po' di sole in faccia.. Uno potrebbe prenderci il vizio.
Sarei disposto ad entrare in uffifcio alle sei e mezza per poter uscire sempre a quest'ora, ma so che lo stupido Stakanov che alberga in me non accetterebbe.
Entrato in galleria, ma sento ancora addosso il calore del sole. Meraviglia. Adoro l'ora solare.
Anzi, non potrei vivere, temo, ai tropici. Amo le giornate lunghe, sono disposto a pagarle con il buio invernale.
Una pingue sudamericana dice "sero" ad un gigante in giacca e cravatta coi calzini a righe, lasciandogli il numero di cellulare. Parla ad alta voce sgranocchiando un Twix, la pappagorgia si muove soddisfatta sia quando parla sia quando mangia.
Strani passeggeri, a quest'ora del pomeriggio. Un ragazzo é appena entrato con un cucciolo di, credo, jack russel in borsa, a Sant'Ambrogio sono salite le più stereotipate studentesse della Cattolica che una persona possa immaginare.
Un mendicante violinista, dopo un'esecuzione stanca del solito brano ritrito, non ha nemmeno fatto il tentativo di passare in questa parte del vagone.
Le cattolichine-biondo-castano-boccolose-benvestite discutono, con una saccenza ben più vecchia del loro secondo anno, i metodi di un docente.
Penso ogni tanto a qualche variante sul tema. Immaginare la storia di un passeggero per esempio, oppure lmitarmi a dei ritratti, per un intero viaggio. Esercizi tutt'altro che semplici, quantomeno pretenziosi dopo nemmeno due settimane di ripresa delle ostilità.
Garibaldi, dietro di me ci si organizza su come occupare i sedili in base alla fermata di discesa. La ragazza di fianco a me legge un libro su un cugino del kindle. Ci penserò, non nego una certa attrazione per il prodotto. Non avessi intrapreso le metro note sarei più stimolato a valutare l'upgrade.
I miei compagni di viaggio sono primaverili. Forse per l'ora, o per la temperatura. Le mie maniche corte sono in buona compagnia.
Le boccoline scendono in Centrale, dalle porte aperte entrano aria fresca e voci allegre.
Paola al posto mio si informerebbe, con la lettrice paperless. Amo anche questo di lei, la curiosità senza vergogna. Se vedo un cane per strada e le chiedo la razza - é la mia esperta in materia - se non la riconosce chiede al proprietario. Anche in questo modo si è guadagnata il soprannome di Pepper. Potts, la segretaria di Iron Man - Downey Junior.
Io non volo, non sono miliardario e nemmeno belloccio come Tony - Tony, non John - Starks, ma ho con me, per la vita, una meravigliosa, efficentissima, curiosa Pepper/Gwyneth che tra poco vedrò.
Alla luce del sole.

RIPRESA


7.59 salita ripida.
Queste sarebbero le vecchie sette di mattina, quindi ha un senso avere sonno. Soffrire di jetlag. Un intero paese, forse, io di sicuro.
Nonostante il treno sia abbondantemente libero, sono in difficoltà per la temperatura. Forse il golf che ho scelto ha finito la sua stagione. Caiazzo, pausa climatizzazione.
Pausa più lunga del previsto, considerando che siamo a Moscova. Fatto cose, visto gente. Come una signora in cappottino color panna che a Garibaldi ha fatto uno scatto fulmineo dal sedile a fuori dal treno. Dimenticarsi la propria fermata, a quest'ora del mattino, può mandare all'aria l'intera giornata.
Cadorna. Infornata, l'ultima.
Niente studenti, anche loro soffrono di jetlag, o semplicemente io sto viaggiando in un orario a metá tra i mattinieri e quelli che entrano alla seconda ora. Era singolare, pensandoci ora, avere le giornate scandite dalle ore di lezione.
Voci che discutono di qualche imprecisata materia scolastica mi confutano: qualche studente gira in metropolitana anche alle 8.15. Li vedo anche; una ragazzina ha una culotte di jeans sopra dei fuseau neri.
Ieri pomeriggio, in pausa tecnica, siamo passati, io e Paola, al Mc Donald's di Assago. Ad un tavolo c'erano cinque quattordicenni, anno più ma anche meno, che al di là di aver l'aria di stare facendo giornata là dentro, erano vestite come la brutta copia di Madonna ad inizio anni 80 o qualche altra sudamericana da Mtv e meno vintage della Ciccone. Inguardabili, volgari, una triste imitazione di quello che non si sa quale modello rozzaniano spaccia per donna. Ho pensato alle mie eventuali figlie, a come reagirei.
Su un argomento stantio e anche un po' da vecchio ho fatto Famagosta. Mi sono risparmiato un "dove andremo a finire di questo passo?" ma quasi si leggeva. Una delle regole che mi sono imposto é di limitare le revisioni al minimo indispensabile, quindi andrò in stampa passando per vecchio moralista.
La ragazzina che ha scatenato l'invettiva e i suoi amici sono ancora sul treno, scuole da queste parti non ce ne sono. Niente invettive, ho bigiato anche io, ma ero vestito da sfigato.
Assago, iniziamo.

venerdì 23 marzo 2012

IMMERSIONE


18.10 pressione.
Ho sentito tapparsi le orecchie al primo tunnel subito dopo assago. Mai successo. Eccesso di velocità? Aspetto l'entrata a Famagosta per verificare non si sia trattato di traveggole.
Sono stato più di due ore in palestra, manco fossi una palla di carne.
Entrando sottoterra le orecchie non hanno avuto da ridire.
Il pomeriggio mi ha dato da riflettere: nelle due ore di palestra, intendo. Pur non avendo riflettuto sulla mia forma fisica. Ho assistito ad una votazione che non é stata una votazione. Telefonata.
Intanto, Porta Genova.
Noto con piacere che qualcuno inizia ad azzzardare nell'abbigliamento qualche colore diverso dal lutto invernale. Una macchia colorata di borse, scarpe e sciarpe alla mia sinistra mi ha attirato dall'angolo dell'occhio.
Esaudito. Nel colmo dell'assenza di argomenti é comparso un suonatore di strada, che suona una via di mezzo tra uno xilofono e una chitarra sdraiata. Ritmi dell'est europa, un suono da arpa martellettata, un clavicembalo dei balcani.
Ho appena avuto un'idea che mi costringe a chiudere a Lanza. Più che altro perché a Lanza scendo. Se non dovessimo sentirci dopo, buon weekend. A me.
18.37 salito in Cairoli, stasera rossa. In questi pochi minuti la fame é salita di un paio di gradini importanti. Un ferro 7 rende gli equilibri e la scrittura bisognosi di un surplus di creatività.
C'è una signora tutta rossa, viso compreso, coi capelli tutti neri - tinti - vicino a me, che spicca tra la folla mentre legge una dispensa che le provoca accessi di disappunto.
A Palestro ho la fronte inperlata di sudore, ma ho finito gli arti arruolabili.
La signora in rosso scende a Lima, rivelando, a spezzare la monotonia, una fascia di tessuto nera cinta in vita, e dei pantaloni che la moda vichiana ha fatto tornare in corso.
Loreto sarà il mio arrivo stasera, questa volta il buon weekend é definitivo.

TARDI


8.40 troppo.
Stamattina arriverò in ritardo, e pressato. 60 minuti netti, puliti e sereni di posticipo della sveglia.
Non ho detto il classico "occazzo" quando ho visto l'ora, strano. Forse "mannaggia", anche se ricordo che finiva in o.
Qualcuno alle mie spalle sta consigliando ad un suo amico di andare a vedere "quasi amici", che ha visto ieri al cinema. Coincidenza, anche io e Paola l'abbiamo visto ieri sera. Non proprio al cinema.
Condivido il giudizio del mio compagno di viaggio: un film veramente bello. Fatto bene. Abbiamo riso, senza ma, dall'inizio alla fine.
Centrale, temperatura in rialzo, saldo tra chi scende e chi sale sempre in pari. Non ho nemmeno un appoggio, navigo. La mezza modella seduta di fronte a me, occhialoni scuri, gonna e scarpe alte tipo anfibio, è stata sostituita da un anziano curato, con l'aria di ex tombeur de femmes, con anello a fascia larga di oro bianco, occhiali scuri con montatura tartaruga e giacchetta scamosciata.
A sua volta sostituito, a Garibaldi, da me. Saldo decisamente a favore degli entranti. Fanno buio. Sono circondato da una selva di gomiti, odore di cuoio nelle narici, voci attutite dai corpi.
Toglierei anche la giacca ma, anche seduto, non ho lo spazio vitale necessario.
Anche il mio vicino smanetta intensamente sul bberry. Uno sguardo veloce e ho appurato che non si tratta di un mio avversario. Word mole, se giocato con un certo impegno, dall'esterno ti fa sembrare impegnato in importantissime comunicazioni.
Come io ho visto lui, chi mi è seduto di fianco, volendo, potrebbe leggere mentre scrivo di lui/lei? Non nego di averci già pensato. Nel dubbio, inclino lo schermo.
A Cadorna mi é comparso a fianco un trollet fucsia. Della padrona per ora vedo solo ballerine chiare, indossate coi collant, pantaloni fuseau scuri. Borsa di pelle nera a sacca e fede nuziale. Più su diventerebbe troppo evidente. Anche se é improbabile che legga, una donna quasi sempre sgama un uomo che la guarda.
I fuseau erano jeans, e sopra c'erano una giacca grigia e un viso ovale contornato di capelli biondo castano. E' scesa.
La folla inizia a diminuire, quasi sento dell'aria fresca sulla fronte, a sinistra.
8.58 faccio scendere mr. Mole a Porta Genova. Confermo, oggi ritardo.
Scivolato a sinistra ho visuale libera su una ragazza sulla ventina, con cuffione verde vintage - la moda secondo Vico - e un piercing che a tutti gli effetti si può definire anello al naso.
Vederlo e pensare ai problemi che crea in caso di raffreddore sono un unico atto del pensiero. Poco dopo arriva la domanda: perché voler sembrare un bue da soma?
Lascio lei e questi dubbi a Famagosta ed esco dal tunnel. Il sole scalda la mia guancia sinistra immediatamente.
Oggi pomeriggio opterei per un solarium. Se non posso fare nulla contro l'effetto serra e la desertificazione ambrosiana, cerco almeno di sfruttarne i risvolti positivi.
Solo i campi senza verde mi ricordano che é marzo e non maggio. Ultima curva, palazzi in vista. Volo.

giovedì 22 marzo 2012

ESONERO


18.32 esausto.
Il mio pubblico, che si compone essenzialmente di me stesso, spero non se ne abbia a male se stasera mi esonero dall'accompagnarlo a casa.
Un insistente senso di spossatezza renderebbe le mie righe insolitamente difficoltose da scrivere e pesanti, temo, da leggere.
Il treno si infila sotto famagosta, io chiudo i battenti in nemmeno una fermata.
Peccato, eh, perché c'é una brunetta con una voce talmente idiota che sarebbe valsa la pena di ascoltarne la telefonata.
Famagosta, passo e chiudo.

SCARICO


8.25 scarico.
Ho appena dovuto risalire una corrente di studenti del politecnico per salire sul mio Assago preferito. La massa umana, quando raggiunge un certo numero, diventa ottusa, come l'acqua, e bisogna farsi salmoni se ci si vuol muovere in direzione contraria. E ostinata.
Perché Assago preferito è presto detto: è l'ultimo prendibile per non timbrare in ritardo, pur avendo evidentemente sforato coi tempi di uscita da casa. Prenderlo vuol dire avere ignorato il richiamo del dovere, aver scelto il tempo anziché il denaro. Chi ha coniato questa espressione potrebbe aver da ridire sulla sua applicazione in un ambito così piccino, in tutti i sensi. Stamattina ho scelto di parlare. Viso a viso, un lusso, minuti di diamante.
A Centrale ho il mio posto. Proseguo, più comodo.
Il lampeggiare impietoso della lucetta arancione mi ricorda che il blackberry inizia a sentire la mancanza di una ricarica. Ai blocnotes dei miei viaggi in treno, nei mille anni fa del servizio civile, questa cosa non succedeva. Mi conforta sapere che, a memoria d'uomo, la mia perlomeno, non si é mai visto un blackberry spegnersi per aver finito la batteria.
Giovedì é giorno di mercato, e passarci alle otto e mezza é una gioia per gli occhi - stamattina, é evidente, sono sul treno solo col sedere. Il rigoglio di frutta e verdura - scelgo sempre il lato dei fruttivendoli - é un pieno di serenità, non so se mi spiego.
Non si tratta solo del fatto che il verde rilassi: quello che davvero rilassa é il passare a pochi centimetri da un lavoro di terra e mercanteggio, di bilance, cassette di legno, coltelli, marketing vocale.
Teatro vegetale.
Ricordare e portarsi in metropolitana, e poi in ufficio, un lavoro il cui prodotto profuma, cresce e matura, in cui ciò che si vende ha un sapore é un balsamo.
Ogni volta che passo per il mercato di Ampere - siamo a Porta Genova e la batteria tiene - vorrei essere già anziano, pensionato, e passare la mattinata tra le bancarelle, portando in braccio i sacchetti di carta marrone croccante pieni di verdura, e parlare coi fruttivendoli, sentirli raccontare i loro prodotti, assaggiare, pagare troppo probabilmente qualsiasi cosa. Ma sapere che la differenza di prezzo con Esselunga é il "coperto" di profumi, voci, di passanti, cani, cassette, aria aperta e registratori di cassa.
Sono già nel tratto fuori terra, e dal finestrino ho appena visto, in mezzo ad un prato, una lepre. Regalo di questo viaggio che ho ignorato.
La batteria ha retto.

mercoledì 21 marzo 2012

SOFFOCARE


18.09 lezzo.
Benché la puzza - agghiacciante - che impregna l'aria del vagone cerchi di attirare tutta l'attenzione e le energie, era al sole al tramonto che volevo dedicare i primi pensieri stasera. Anzi, oggi pomeriggio, perché uscire con ancora il sole, non dico alto, ma sopra l'orizzonte, sa di pomeriggio.
Luunga pausa telefonata, potremmo già essere a Cadorna, non ne ho idea.
Stasera il trucco della borsa sta funzionando. Come non detto.
Sono piacevolmente fuori luogo in questo treno di giacche e giacconi neanche tanto primaverili. Ho deciso di celebrare l'equinozio mettendo golf e smanicato nel borsone della palestra. E sostituendo la palestra con 40 minuti di solarium. Nel senso stretto: lettino da spiaggia sul terrazzo della palestra.
"Vedrai, ci scommetto, che domani sera ci scappa l'ape!" "L'ape???" "L'aperitivo!" "Aaah! L'aperitivo" Lei voce tutta frasi accentuate, lui evidentemente ottuso o appena sbarcato a Milano.
Se lo chiami ancora aperitivo non sei di Milano. Come non sapere cosa vuol dire pirla. Rassicuranti luoghi comuni di un'identità urbana che non esiste. A Milano i tuoi vicini di casa non ti salutano nemmeno sul pianerottolo. Nemmeno in ascensore.
Moscova, treno rumoroso. E morsi della fame. Passando mentalmente in rassegna la cucina, mi vedo addentare un pacco di legumi secchi.
Una biondina tiene banco tra le sue amiche distribuendo lampi di capelli biondi, aneddoti punteggiati da risate di consenso, e muovendo la gamba stivalata al ritmo di una musica tutta sua, ma che evidentemente ipnotizza il suo uditorio.
Le mie braccia lanciano appelli per convincermi ad indossare almeno il golf, ma io qui sto celebrando, e poi cosa direbbe la gente? "Visto, lo sborone a maniche corte? Alla fine ha freddo, il pirla!" Uno ha una dignità da difendere anche tra gli sconosciuti compagni di viaggio casuali.
Quando il treno doppia Centrale di solito inizio a preparare il commiato. Oppure mi fermo, dubbioso. Incipit e chiuse sono sempre state le parti dei temi su cui perdevo più tempo. Non sempre con successo.
Tutti i passeggeri che vedo mi danno le spalle. Offesi per il mio irriverente abbigliamento da "early bird". Cosa capiti al suddetto uccellino lo lascio alle parole di "my best was never good enough" che non cito.
Piola, quasi. Facciamo Piola, tanto chi può controllare?

PRIMA-VERA


7.28 colpaccio.
L'ho vista alzarsi dai finestrini, col treno ancora in movimento, e ho visto che attorno, in piedi, non c'era nessun pretendente. Di sedermi appena entrato, la mattina intendo, non mi capitava da settimane. Mesi forse.
Ci sono due bimbe, una fila di sedili alla mia sinistra. Vocine e personcine insolite, a quest'ora del mattino.
Fastidiose, suggerisce la componente più intransigente di me.
Giocano agli indovinelli; una delle due, di cui ho intravisto una lunga coda castana, ha la voce meno acuta e la r moscia. Come me. Da bambino le cugine grandi si divertivano a farmi dire "orrore orrore ho visto un ramarro marrone".
La bimba che non condivide con me la predisposizione alla lingua francese ha appena chiesto quante vite ha. Gioco non virtuale, ma mentalità drogata dal computer.. é divertente, però, il concetto di vite residue per indovinare la parola.
Trovo interessante seguire gli sguardi della gente - intanto a Garibaldi con un rapido scivolamento laterale ho occupato il sedile a fondo carrozza, mentre una ragazza asiatica con una borsa dorata pacchiana ha occupato il mio posto, dopo avermi dedicato uno sguardo obliquo. Dicevo degli sguardi: chi non viaggia in compagnia, i più, e non ha nulla da leggere, spesso fissa lo sguardo a terra, qualcuno invece nel vuoto davanti a sè.
Capita però che in fondo al vuoto ci sia una persona, e che l'espressione, momentanea o naturale, del volto del non osservatore faccia in modo che all'esterno appaia un interesse, o disgusto, o interrogativo intensamente dedicato ad un perfetto sconosciuto.
La pacchiana si è alzata per scendere a cadorna. Lento io o veloce il treno, mi sono scappate una decina di fermate.
Pausa. Sia mia sia del treno che indugia a Sant'Ambrogio. Anni fa scendevo qui. Otto anni fa, impressionante.
Si alza per lasciarci anche il non osservatore curioso da cui prima ho tratto spunto, mentre il treno ancora singhiozza incerto in galleria. Sant'Agostino, ce l'ha fatta.
Ho deciso, da anni, per semplificare, che le stagioni iniziano il 21 del mese, il che fa di oggi il primo giorno di primavera.
Che poi a pensarci oggi é il primo giorno di primavera; un anno fa ero in viaggio di nozze in messico, e io e Paola siamo andati a Cichen Itza il 20, ignari che un giorno più tardi, appunto per l'equinozio, una buona fetta di umanitá ci si sarebbe recata per vedere il serpente di fuoco. Sms, pausa.
Mentre Famagosta mi rimane alle spalle - tecnicamente, sulla destra - torna il pensiero: con un viaggio così routinario, quanto potró andare avanti a scrivere? Quando smetterò di avere argomenti interessanti? Cosa faró allora? - tecnicamente, non uno, ma tre pensieri.
Forse non ho nemmeno ora argomenti interessanti, quindi il problema é risolto alla radice. Piuttosto la domanda, dopo stamattina, è quanto potrò andare avanti se non mi taglio le unghie. Prosaica, ma estremamente pratica.
Assago, taglio.

martedì 20 marzo 2012

THIN AIR


19.24 atterrato.
Non avrei mai pensato di poter dire bene del posto in cui lavoro. Il primo giorno qui, ho pianto in ufficio, di rabbia, ma ho comunque pianto.
Stasera invece il giro per le strade secondarie e i passaggi di servizio é stato piacevole. L'ultima luce del tramonto dava un aspetto amichevole, di casa, alle architetture geometriche di Milanofiori.
Certo, l'odore mefitico di uovo marcio comparso a metá passeggiata, e che persiste anche qui sul treno, di casalingo ed accogliente aveva, ed ha, proprio poco, ma la luce era bella, e per metá del tempo l'aria profumata e tiepida.
Sms. Torno subito. Romolo, intanto.
Una ragazza che parlava portoghese al telefono é uscita per un pelo a porta genova, mentre per un attimo ho pensato di incrociare Paola in metropolitana; difficile, essendo lei in bici, ma se uno ragiona per scatole chiuse tutto é possibile. L'ubiquità é possibile.
Sono comparsi due poliziotti. Le armi d'ordinanza sembravano enormi. Davanti mi é appena fluttuata una specie di Pocahontas dal passo sognante di cui ho perso il viso. I poliziotti e i loro ferri sono scesi.
E' il treno della moda, stasera. Dopo Pocahontas si è materializzata una valchiria su un tacco mille, vistosa indubbiamente, ma il viso che vedo di riflesso sul vetro é quello di una cinquantenne bruciata dalla lampada. Rassegnarsi non é per niente facile, e forse nemmeno giusto.
A quest'ora della sera dovrebbero far tacere la vocina che annuncia le fermate. Elencasse solo quelle già darebbe festidio. In due lingue, tra ogni fermata e quella successiva, snocciola nell'ordine direzione del treno, prossima fermata, opzioni e annessi della stessa, lato di apertura delle porte e in frenata, soddisfatta, ripete dove sei, con quel tono di "visto che brava?" che dopo le sette di sera innervosisce.
Centrale, quasi a casa. Ho qualcosa come 45 minuti per arrivarci, mangiare qualcosa, cambiare il contenuto della borsa e andare agli allenamenti.
La valchiria é scesa, stasera sono distratto. La gente entra ed esce dal mio campo visivo, e narrativo di conseguenza, con apparizioni e sparizioni da spirito ultraterreno.
Pocahontas é ripassata tintinnando. Indiana, non d'america - sarebbe stato troppo poco credibile. Sguardo vacuo.
Mi preparo alla corsa contro il tempo. E pregusto l'aria tiepida di via Ampere, sperando di aver lasciato le uova ad Assago.

SOLE


7.27 luce. In superficie, tanta.
Giornate sempre più lunghe mi accompagnano verso la fermata, una magnolia lungo la strada ostenta la sua nudità di fiori senza foglie, una giovane donna stamattina abbracciava il suo vecchio setter portato a spasso, i bar preparano i tavolini.
Luce, non solo fuori. Stamattina il mio sguardo é meno pesante, gli occhi riposati! E dagli occhi entra luce.
Cerco attorno qualcuno che risponda all'arancio intenso del golf che ho messo, ma incontro solo cappotti e giacche scure. Da fuori, sono un punto di luce. Magari anche per i miei occhi che si guardano attorno.
Un trentenne brizzolato in jeans a poca distanza da me legge Madame Bovary. Ne ho un ricordo di noia, pesantezza ed esasperazione di lirismo tragico quanto inutile.
Garibaldi ha riempito il treno - é di quelli riadattati, vecchi vagoni uniti ad imitare i nuovi treni senza divisori - ma nel mio smanicato e sciarpa stamattina sto bene.
Di nuovo una piccola incursione di inverno, ieri persino della pioggia, e, contrariamente alle mie previsioni di maestri di sci disoccupati, neve.
Prima di salire in treno ho visto le webcam in Engadina: un'alba favolosa, i primi raggi di sole ad incendiare le vette, i pini, le piste cariche di neve nuova. E la tentazione di un'ultima sciata.
Sant'ambrogio, monsieur Bovary é ora seduto di fianco a me. Che sono rimasto in piedi; oggi nemmeno ci ho provato, a guardarmi intorno per un posto.
Spesso mi capita di viaggiare sullo stesso treno con dei colleghi, senza vederli, o volerli vedere, fino all'ultimo. Una volta ne ho avuto uno seduto di fianco per almeno una fermata.
Me l'ha detto lui. Giocavo ad Angry Birds, ha detto, non voleva disturbare.
Le metro note hanno decisamente migliorato i miei passatempi metropolitani.
Romolo, magari mi siedo, per queste due fermate. Rivolto ad est, almeno non devo avvitarmi per vedere l'alba già vecchia, ma che magari può regalare qualcosa.
Sms, Famagosta.
7.50 siamo fuori. L'alba più che vecchia ha già lasciato la sua ereditá al giorno pieno. I prati hanno un che di bianco sul verde nuovo, brina o semplicemente riverbero.
La torre tv di Rozzano veglia sui campi arati. Li posso lasciare in buone mani.
Buongiorno, sole.

lunedì 19 marzo 2012

OMBRE E SOLITUDINI

19.44 totale passeggeri del mio vagone, meno di dieci. Ovviamente sparsi in modo da essere quanto più lontani possibile uno dall'altro. Come a messa, alternati sulle panche, nemmeno fosse un compito in classe di greco.
Fuori, anche "fuori", è buio, e si possono usare i finestrini come specchi, per osservare più discretamente gli altri. Io lo faccio, almeno, a scopi narrativi, e anche per curiosità.
Anche a Famagosta sono salite due o tre persone, ma, specchi o no, c'è poco da osservare, o meglio c'é una specie di patina sulle persone, uguali nel colore dei vestiti, nell'aspetto stanco, nel viso corrucciato.
I primi, fortunati, hanno preso i sedili d'angolo, appoggiati ai corrimano.
Chi entra, si guarda attorno, e valuta il meno peggio forse. Fai un torto, in fondo, alla persona di fianco alla quale non ti siederai. Lo giudichi, gli preferisci l'altro, perché magari ha l'aspetto più raccomandabile.
Sant'Agostino, é salito un chitarrista, dall'accento della sua presentazione direi rom, ed ha attaccato "let it be" con pronuncia buona e variazioni vocali di livello. A volte sembra che anche in metropolitana le cose capitino con qualcuno alla regia. La colonna sonora del mio ritorno però è durata poco, due fermate. A cadorna il lennon delle roulotte ha lasciato spazio alle molto meno melodiche chiacchiere dei nuovi saliti.
Ora i posti a sedere sono tutti presi, nessuno é rimasto solo col suo corrimano acritico.
Vorrei essere un buon ritrattista. Due, tre righe - di bberry, eh - e poter tenere con me i miei compagni di viaggio. Sembra semplice, e invece mancano le sfumature. Uomo ragazzo o bambino sono pochi, per descrivere l'età. E i capelli? Ricci lisci crespi? Arrivato all'abbigliamento sono già rassegnato a perdermi anche il più saliente dei personaggi. Figuriamoci se ce n'é più di uno, su una carrozza affollata.
A Centrale, distratto dalla conversazione atona della mia vicina col suo "amore" - ecco ad esempio, come si può rendere la o di amore detta come la pronuncia lei? - che andrá a prender pizze nei 10 minuti che la separano dal loro nido. D'amOre, s'intende.
A Loreto si é diffuso un chiacchierio chioccio ed allegro, nonostante l'ora. Piola in vista, 20.12, buonanotte sognatori. E suonatori. Armonica e maracas da un punto che non vedo. Buonanotte.

SILENZIO


7.29 anche 7.30 ad essere onesti.
Già seduto. A fatica, tra un sudamericano addormentato che abbraccia la sua borsa di artigianato locale e uno smart casual al telefono, che ha tolto i lembi del cappotto dal mio sedile con un che di infastidito.
Il treno é vuoto, poca gente in piedi, silenzioso ora che la telefonata é finita.
Sulla banchina di Piola stamattina ho ritrovato una coppia di ragazzini che non vedevo da tempo; non avranno più di 16 anni, e sono comunque piuttosto bassi di statura. Entrambi neri di capelli, una massa di capelli ricci, entrambi.
In viso non li ho quasi mai visti, perché ogni volta che li ho trovati, sempre alla base della prima scala che porta alle banchine, sono sempre stati intenti a scambiarsi effusioni mezzi nascosti nelle reciproche chiome. Niente di volgare o esibizionista, anche perchè hanno proprio l'aspetto di bambini innamorati.
Fanno passare due o più treni, fermi nel loro angolo.Stamattina hanno lasciato passare un Abbiategrasso ed il mio Assago, in un abbraccio che sfida la fretta e la puntualità.
L'idea di aggiungere foto al blog di nuovo mi accarezza.
Siamo intanto a Moscova e ho preso il posto del dormiente, sceso a Garibaldi.
Sará il lunedì a rendere tutti pacati, o la poca gente sul treno, o la pioggia che ha lavato le strade, o il caso; sta di fatto che stamattina la metropolitana é discreta, avvolta in un piacevole brusio ovattato.
Cadorna, sale un po' di gente, la solita infornata di studenti, ma anche loro, soprattutto loro, stamattina non hanno voglia, o forze, per fare casino.
Un ragazzo di fronte a me, immagino sordomuto, sta telefonando. E' meraviglioso, dovremmo imparare tutti il linguaggio dei gesti. Sta videochiamando, senza fare il minimo rumore, solo il fruscio della manica del giubbotto scuro mentre muove il braccio destro.
Credo che si faccia più attenzione alle parole che si dicono, quando si parla coi gesti. Credo si litighi di meno, si abbia più rispetto per l'altro. La voce umana cos'altro è se non un evoluzione dei versi animali, delle grida acute delle scimmie?
Due sms in arrivo, torno fra un attimo.
Un blackberry che non funziona é un'esperienza brutta tanto più é raro che accada. Anche spento e riacceso, non riesco a leggere gli sms, né a scriverli.
Famagosta, a breve saprò cosa mi regala stamattina il sud Milano. Speriamo pioggia, ha l'aria di essere preziosamente rara, quest'anno. Ad Aprica, come su gran parte dell'arco alpino, segnerá la fine della stagione invernale.
Niente pioggia invece, ma nuvole che a grandi falde schermano il primo sole. Non c'é verso, Milano desertificherà, e il progetto di riqualificare i navigli andrá in puzza.
Su queste rosee prospettive, mi auguro una buona settimana.

venerdì 16 marzo 2012

SORDINA

17.23 scendo a Romolo, e fino a Romolo sono stato impegnato a sopravvivere alla palestra. Sará breve, ma almeno testimonia il mio successo.
18.12 cambio di inquadratura e sono sulla gialla, dopo Duomo, ma ancora la spossatezza mi rende difficile avere pensieri coerenti. Sono piuttosto concentrato sul controllare un senso di mancamento.
La signora seduta di fianco a me ha un cagnetto minuscolo nel trolley, quasi invisibile dietro la fitta maglia nera della tela, tranne quando guaisce.
Niente altro di rilevante. è venerdí, mi aspettavo un commiato meno sotto tono, ma oggi tante cose non sono andate come mi aspettavo.
La prossima é Centrale ed é la mia.

CISPE

7.15 e una fatica epica a tenere aperti gli occhi. Carrozza affollata nonostante l'ora, e calda, come al solito. C'é d dire che senza borsa ho anche tenuto un bel ritmo da casa alla fermata.
Una signora in stivali e sciarpa azzurra squadra tutti con aria simile al disgusto. L'ha fatto anche con me appena entrato. Magari è una piega degli occhi, magari le cispe da sonno.
Magari anche io ho lo sguardo truce solo perché non riesco ad aprire gli occhi.
In Centrale ho perso la mia occasione di sedermi. La signora truce si è presa il posto che avevo più vicino.
A quest'ora alcuni passeggeri dormono, o ci provano. È venerdì per tutti, dopotutto, una settimana di questo vai e vieni, lungo o corto che sia, stanca.
Penso che in questo momento, tra i tanti miei colleghi in viaggio, Annalisa é sul frecciarossa Torino-Milano. Cinque giorni alla settimana, viene a lavorare ad Assago partendo neanche da Torino, ma dalla Val di Susa.
A Moscova intanto ho trovato un posto a sedere. Sul predellino, quello da cui ringhiava ieri il ciccione, é seduta una specie di Cappuccetto Rosso cui la nonna ha dato il permesso di frequentare un centro sociale all'acqua di rose. Senza avvisarla che dopo i trenta la cuffia di lana per i capelli - rossa, tra l'altro - e il jeans stracciolento a zampa, come dire, ti fanno sembrare.. Sono indeciso tra "fuori tempo" e "stupida".
Ho lasciato Annalisa sul suo treno mentre il mio sferragliava verso Sant'Agostino. Penso che un tempo a nessuno sarebbe venuto in mente di offrire ad una ragazza di Torino un lavoro a Milano, quantomeno non con viaggio e alloggio a suo carico.
Beh, l'alloggio lei non lo paga, torna a casa tutte le sere. Paga più di trecento euro al mese di treno, e dubito ne prenda tremila - fosse così, avrei un paio di obiezioni da muovere sulla mia retribuzione - ma é sempre sorridente, in superficie. Anzi, quando torna a casa, dopo quasi tre ore di viaggio, va ad arrampicare in palestra.
Poi, sotto, credo che qualcosa le resti addosso. Per esempio, da quando la conosco ha un taglio verticale sul labbro inferiore. E forse un giorno imbraccerà un fucile semiautomatico ed entrerá in ufficio con una giacca nera militare, come Michael Douglas.
Stamattina i miei pensieri mi sono sembrati lenti, o veloce il treno. Sta di fatto che siamo già fuori terra. Douglas l'ho visto ieri sera. Film antico, ma assolutamente da vedere. Falling down, come al solito anche i migliori titoli in italiano non tengono il confronto con gli originali.
Assago, 7.40 rush finale.

giovedì 15 marzo 2012

A NIGHT PASSAGE

20.00 ore piccole in ufficio, grande spazio a sedere. Piccolo compenso, fatte le dovute proporzioni.
Un tempo scrivevo pensieri di viaggio su un bloc notes, con una penna, mentre viaggiavo per il nord italia per conto di Anlaids. Era il 2003, avevo 24 anni. Nove - nove! - anni dopo niente più carta, né treni-treni, né consegne di materiale biologico.
Momento di panico: la borsa! Momento di consapevolezza: l'ho lasciata in ufficio, non essendo andato in palestra. Momento di biasimo: imbecille con la demenza senile a 33 anni!
Dicevo.
A quasi dieci anni di distanza questo mio scrivere vale di meno? Per tutto, intendo. Non avere più la carta, né le campagne fuori dal finestrino - se non per un tratto trascurabile - né 24 anni - etá in cui puoi scrivere stando attento ai potenziali futuri milioni di lettori - né un avvenire totalmente da inventare, scrivere email a se stessi (è la forma di backup che ho scelto) é totalmente privo di senso e di aspirazioni?
Sono passati anni, e tanti, nei quali mi ripetevo l'ordine categorico di tornare a scrivere, altrettanti nei quali rispondevo categoricamente "sissignore, domani!", e adesso mi ritrovo su un treno della metropolitana verde, alla fermata di sant'Ambrogio, a scrivere febbrilmente mentre la vocina del vagone ripete in doppia lingua quante opzioni di viaggio si aprono al viaggiatore che scenda a Cadorna.
Scrivo in maniera avida; se usassi ancora carta e penna, le lettere sarebbero tali e quali a quegli scarabocchi da ventenne che la gente guardava con sospetto, con la sua borsa frigo e la testa china sul taccuino.
Quindi la risposta credo sia che sono, mi sono ritrovato, esattamente come ai tempi del servizio civile.
Come se fossi stato in standby, mentre attorno la carta diventava uno schermo, retroilluminato o meno, gli intercity si tingevano di verde scavandosi la strada nel sottosuolo milanese, mentre l'avvenire, un po' a scossoni, un po' col suo naturale movimento di avvicinamento mi si cuciva addosso e le speranze di guadagnarmi da vivere con l'arte lasciavano spazio ad un impiego fisso e "serio".
Impiego senza il quale non sarei mai salito in maniera assidua su una metropolitana.
Non avrei avuto un blackberry aziendale.
Non avrei scritto email.
Non avrei smesso di prendere in giro il mio categorico generale letterario.
Parolone, lo so. Letterario! é tardi, sono già a Caiazzo, ho divagato, ho scritto forse il post più lungo fino ad ora. Quindi mi do il permesso di usare l'aggettivo letterario riferendolo alle mie metro note.
Next stop piola. Nessuna opzione per chi scende alla prossima, se non quella di concedere il riposo meritato al soldato che ha così a lungo marcato visita.
Piola, a domani. Riposo!

RITARDO

8.32 e non è nemmeno l'orario del treno, ma del mio arrivo in stazione. Assago arriva tra un paio di minuti ed entrare sará come giocare a tetris. 
E' evidente che qualcosa non é andato come avrebbe dovuto. Quando é suonata la sveglia di Paola, un'ora dopo la mia, mi ci é voluto del tempo per ricordare il gesto, apprezzabile nella sua precisione, con cui quasi ad occhi chiusi ho allungato il braccio spegnendo la mia.
Il treno é pieno, il mio angolino occupato da una brunetta che maneggia faccialibro dal mio stesso modello di bberry.
Nonostante abbia cambiato lo smanicato con un giacchino più leggero, ho caldo. Potrei spogliarmi, ma ora come ora sono in mezzo al nulla, e mi reggo in piedi, non scherzo, usando il metodo che mi ha spiegato il mio "docente" al corso per la patente nautica: entrambe le gambe leggermente piegate e busto in avanti per assorbire rollii e beccheggi di uno dei treni più tardivi che abbia preso ultimamente.
Ok, troppo caldo, tento un alleggerimento. Là! Ora va decisamente meglio.
La brunetta e la sua amica, che si dà un tono esagerato per i suoi bei capelli raccolti in una coda tiratissima e quasi bionda e i tratti sottili che qualcuno deve averle detto essere segno di bellezza (in piedi davanti a me, tiene una gambetta a cavallo dell'altra, anche a treno in corsa, per aumentare il suo sovrapprezzato fascino), commentano a risolini i suoni del cellulare di qualcuno che non si é ancora rassegnato a togliere il tono dei tasti. Ce ne sono, sembra senza senso, come senza senso sembra che ci siano produttori di telefoni che ancora mettono i toni ai tasti.
A Garibaldi ho trovato posto, di fianco ad una ragazza che usa l'ipad come un kindle: già faccio fatica a pensare di leggere un libro senza sfogliare le pagine, ma almeno il kindle e i suoi emuli hanno il video non luminoso; pazienza, se ci riesce, ben per lei.
Davanti a me quattro signore di mezza età parlano delle gite scolastiche dei figli e nella conversazione compare la parola team building. Le teorie aziendali stanno infettando anche il mondo della scuola?? A una delle quattro parte una suoneria altissima, credo la colonna sonora di qualche film anni 90 davanti al quale, magari, ha concepito uno dei figli di cui ora teme la crescita troppo veloce: la sua amica ha visto su youtube le immagini di una festa di tredicenni - sic! - tutte in abito da sera, posso in un certo senso capirla.
Sono scese a Cadorna, lasciando posto alla nuova infornata di studenti delle superiori ed impiegati. Mix letale, che poco fa é esploso in una di quelle belle liti tra sconosciuti che sempre più spesso sfociano in violenza quantomeno verbale. Lui, cinquatenne sovrappeso che usa il corriere per fare il sudoku, lei, a fine liceo o primi anni di università - come si fa a capirlo, visto che ormai nemmeno più i maschi usano gli zaini per andare a scuola? - viso rotondo ed aria educata, si sono scambiati insulti sulla postura di lei, da divano di casa secondo lui, e la maleducazione di lui, che in effetti non ha l'aria del papá che tutti vorremmo.
Lei é scesa a porta Genova, lui le ha ringhiato dietro qualcosa che somigliava a "deficiente", termine già moderato rispetto al climax della loro contesa metropolitana.
A Romolo finalmente il treno si svuota, il sciur sudoku insiste nonostante questo a star seduto quasi per terra, mentre mastica altri improperi, credo, contro le dimensioni del suo deretano che non gli consentono di usare i normali sedili. Parteggio decisamente per viso rotondo, il bulldog sovrappeso deve essere sul limitare della turba psichica; in più, é uno dei pochi casi di grassi a cui la pinguedine non dà un aspetto bonario.
Fuori, all'aperto: stessa luce di ieri, accentuata da un'ombra di foschia gialla. Decisamente primavera, comunque. Sono le 9.00 e riuscirò a non arrivare in ritardo. Bene. Buona giornata, Assago Milanofiori Nord.

mercoledì 14 marzo 2012

IO VORREI MA POI

19.21 treno vuoto, la punta è passata da un po', il tramonto é andato da altrettanto, il treno balla, ma... Devo leggere un'email, fare una telefonata, fare cose insomma. Oltre che dare ascolto a chi mi ha dato un feedback negativo sulla lunghezza dei miei post.
Non ho dei lettori, non fraintendiamo. Ho una moglie del cui giudizio mi fido. Che mi consiglia più sintesi. Niente di meglio che fare altro, stasera saluto a famagosta.
Magari poi torno, vediamo.
Torno solo un attimo, sono dalle parti di non so dove, sicuro dopo Cadorna, per annotare la meravigliosa creatura che telefona davanti a me - Garibaldi, per la cronaca, sono dalle parti di Garibaldi - jeans scuri scarpe di cuoio golf glicine e giacca. Ma soprattutto una delle migliori voci milanesi bauscia che abbia mai sentito.
Fa sembrare il Ranzani uno scugnizzo, e farcisce le frasi con un "certo certo certo" in cui abbondano le i, la c é sborona quasi come i concetti che snocciola al suo interlocutore e la sicumera dell'imprenditore milanese impiantato in Brianza, che ha fatto il capannone più grande possibile (e il cui figlio pertanto si droga).
Potrei aggiungere contenuti multimediali. La voce di mister Certo, per esempio. Campione.
Mi manca la telefonata. Vado.

L'ALBA DEL GIORNO DOPO

7.26 il mio treno è arrivato assieme a me. Soddisfazione.
Ricordo all'inizio, con la tratta di Assago appena aperta, le volte in cui capitava di veder passare fino a cinque Abbiategrasso in attesa che qualcuno si ricordasse di noi impiegati assaghesi.
Sono in piedi, contro la porta di sinistra della penultima carrozza. Tutto calcolato, la porta alle mie spalle si apre solo per tre fermate,e spero di essere già seduto per due delle tre.
Treno silenzioso. La gente legge Metro, un signore sulla sessantina vestito in maniera improbabile (giacchetta color cammello jeans e scarpe da tennis bianche) un libro su "India Cina e Giappone".
Oggi nessun kindle. Stanno diventando frequenti. Nota: finché scriveró Metronote non leggeró libri.. Potrebbe essere un problema.
Gioia, prima delle tre fermate che mi costringono a spostarmi. Sono ancora in piedi. Finché scriverò, avrò anche meno attenzione per trovare un posto a sedere. Una ragazzina con una criniera di capelli ricci é appena riemersa con sguardo amaro dal suo cellulare. Io invece ho trovato posto: laterale, quello appoggiato al fondo della carrozza.
Qualcuno sta male sul treno. Era troppo silenzioso. Pare che sia una ragazza. Da dove sono non vedo nè lei né la criniera, solo un capannello (bello! Bel termine.. capannello) di curiosi attorno alla porta vicino a me. Qualcuno parla con la ragazzina: le ha chiesto se sia maggiorenne, non lo é. Non mangia, fa la dieta. Sento solo la voce maschile di chi le parla, di lei nemmeno un tono. Ripartiamo e vedo di sfuggita due persone chine sulla banchina di Garibaldi. Della ragazzina a dieta non mi rimarrà nemmeno un'impressione di volto.
Fa caldo, ma sono abbastanza pressato dal mio vicino da non valutare di togliermi lo smanicato. Barba, occhiali da sole e free press cincischiato tra le mani, il vicino.
Fa decisamente caldo. Pausa svestizione. Decisammente meglio. La parete del vagone adesso é quasi fredda contro il braccio.
Una signora sulla cinquantina in piedi davanti al barba rayban legge Martin Mystere, lui scende a Cadorna e io guadagno dello spazio vitale. Sono salite delle ragazzine, studentesse delle superiori, probabilmente vanno all'onnicomprensivo di Abbiategrasso. Chiassose, iniziano le frasi con "ooh!". E scendono a Sant'Ambrogio. Niente onnicomprensivo, forse allora il Cavalieri.
Mia mamma ci ha insegnato per vent'anni, al Cavalieri, e io ho un ricordo, dovevo essere minuscolo, di mio papà che teneva una conferenza davanti ai suoi allievi. Sapere cosa ci sia di vero nell'immagine della sala piena piena, di lui sul palco e di me che lo guardo da dietro le quinte é difficile. Non avrò avuto cinque anni. 
A Porta Genova andiamo ormai ad esaurimento e mi allargo. La signora Mystere ora seduta continua a leggere avidamente, il signore che studia l'Asia concentrata è ancora in piedi, il ragazzo con gli occhiali davanti a me mi ricorda con la prima pagina di Leggo che l'Inter ieri ha abbandonato anche le sue speranze di champions.
Miss Martin é scesa, si iniziano a distinguere chiaramente "quelli di Milanofiori". Noi satelliti del mondo impiegatizio milanese abbiamo dei tratti comuni, uno sguardo particolare, lanciato lontano, che si prepara a minuti a riveder le stelle. In questa stagione la tratta fuori terra regala giornate serene.
Un mese fa a quest'ora ci si godeva delle albe di ottima fattura, ora il sole é troppo alto. Siamo fuori, riflessi gialli sui capannoni della manutenzione ATM. Forse con l'ora solare e con un po' più di velocità alla sveglia posso sperare ancora in qualche alba degna di esser guardata (a costo di sembrare stupido, anche se sono seduto spalle all'est, io mi giro sempre a vedere cosa propone l'oriente del sud milano).
Ultimo tunnel prima della mia fermata. Mi rivesto. A domani, o a stasera. Devo ancora decidere.

PILOTA

Inizio co un viaggio di ritorno e spero non sia di cattivo auspicio. Il treno è il 18.20, ancora in tempo per vedere tramontare il sole, abbastanza tardi per pentirmi di non aver preso una sciarpa stamattina.
Famagosta ci inghiottirà tra pochi secondi mentre mi accorgo che uno dei possibili problemi del mio progetto sará, o sarebbe (meglio andar prudenti), di digitazione, scrivendo da un blackberry. Faccio un sacco di errori, forse per la fretta di scrivere qualcosa di significativo prima di Piola.
Per inciso, sono già quasi a Romolo. Le mani fredde potrebbero non aiutare la prova, il finestrino aperto potrebbe non aiutare le mani fredde. Chiuso.
Sto tentando il solito trucco: tengo la borsa seduta a fianco per avere il posto libero (cosa fattibile solo sui vecchi vagoni con i sedili sia orizzontali che verticali), a Porta Genova desisterò come al solito cedendo il posto. Ecco appunto... Il messicano o giù di lí ha anche ringraziato. E mi ha chiesto indicazioni per raggiungere Loreto.
Spostato a destra ho capito il motivo del finestrino aperto: un bocchettone che butta fuori aria torrida e fa puzzare di bruciato il borsone della palestra. La mezza stagione crea problemi anche all'ATM; spero di non prendere fuoco, perché l'odore é inquietante, anche se ho allontanato le mie povere cose sudate.
All'ultima fermata ho visto un ragazzino in pantaloncini; l'idea che l'inverno sia da archiviare si ripropone, mentre il riscaldamento sulfureo della metropolitana cerca di convincermi del contrario.
Siamo già a Cadorna e non ho ancora spiegato il progetto, ma ho avuto modo di accorgermi che, al contrario di quanto pensavo, si fa in tempo a scrivere tanto, anche in poche fermate. Sembra tanto sul display di un bberry, almeno.
Sms in arrivo, pausa. Brava Pepper, involontariamente mi ha ricordato che stasera non devo scendere in Piola.
Passo dalla mia inconsolabile mamma. Domenica mi ha detto "un anno fa era l'ultima notte che passavi a casa!" Strano modo per augurare buon anniversario di matrimonio.. Non solo inizio con un ritorno, ma di martedì, alla faccia dei detti: ieri io e Paola (la Pepper di prima) abbiamo festeggiato un anno di matrimonio, e ci siamo presi un giorno di ferie.
Ieri era lunedì, lo dico nel caso non dovessi riuscire ad attivare il blog entro sera, cosa probabile, considerando che stasera passo da casa solo per cambiare la tenuta da palestra con quella da basket.
Centrale é la prossima, e il mio vicino non é messicano, ma indiano. Un fisionomista, chi scrive, che ancora non ha presentato né se stesso né le sue intenzioni, ma che scrive anche sulla scala mobile, in preda al suo proverbiale entusiasmo iniziale, proverbialmente passeggero, speriamo non stavolta. Potrei passare per un iconoclasta dei proverbi, ma é un puro caso.
Sondrio. Non capiterá spesso di sentirla nominata. Oggi é un giorno speciale. Con i dovuti adattamenti del termine "speciale" alla vita di un impiegato quasi pendolare. Che ancora fa il misterioso sulle sue intenzioni mentre monopolizza, per scrivere da in piedi, un - come si chiama?? - corrimano, palo o quello che é di un treno particolarmente bizzoso della gialla, che lo sta portando dalla sua inconsolabile madre e anniversaria suocera.
Maciachini. In base al progetto, dovrei chiudere. Appellandomi all'eccezionalità di oggi, mi concedo del tempo per svelare le mie intenzioni: passare tutti i viaggi che mi portano da casa all'ufficio e ritorno, o il maggior numero di essi, a scrivere sul blackberry quello che mi viene in mente.
Metro-note, penso sia un nome abbastanza geniale. Perché metro note é presto detto: salvo stasera, il mio viaggio quasi pendolare (ho fatto per breve tempo il pendolare vero, il mio viaggio attuale é una passeggiata) inizia in Piola e finisce ad Assago Milanofiori Nord, per i meno milanesi stazioni della metropolitana due, la verde. 25 minuti in cui uno si annoia, volendo, e partorisce idee balzane come questa.
Ho ampiamente violato le regole, visto che sono sulla 70, e in più ho due sms ricevuti che il proverbiale entusiasmo già citato mi sta facendo ignorare da diversi minuti, quindi per oggi chiudo qui.