giovedì 31 maggio 2012

COME UNA VOLTA

7.05 se l'orario è insolito, il mezzo lo é ancora di più. In questo istante ho lasciato la cupola di mistico acciaio e vetro della stazione centrale, sono passato di fianco ai resistenti dei treni notte, di fianco alle vecchie torri della manutenzione, e con un sibilo per nulla confondibile con quello dei binari della metropolitana viaggio verso lambrate. Da lì, Genova.
Il capotreno ha appena annunciato, tra le fermate, Imberio. Tempo di correggersi e, forse suicida per la vergogna, forse soffocato da una risata, ci ha privato della sua compagnia. Non sapremo mai cosa ci aspetta a ponente. Imberio fa oggettivamente ridere.
Ho finalmente visto il trampolino per snowboard del Giuriati, me lo aspettavo più tecnologico, é un'impalcatura su cui hanno steso quella specie di erba sintetica che chiamano neve artificiale.
A pieno carico, uno scompartimento di seconda classe é angusto. Il gabodreno ha le consonanti montate strane: addenzione, gombledamende. Solo Rogoredo fa percorso netto: è stagione di allergie, anche sui treni. Allergie, escludo sia colpa dell'aria condizionata. Non foss'altro perché, almeno adesso, non ce n'é traccia.
Lungo il corridoio é passata una signora carica di Ikea. Cinese, ho subito pensato, viste le dimensioni del bagaglio. Mi sbagliavo.
In stazione, mentre partiamo, é arrivato un treno merci di cisterne. Quel tipo di treno che da bambino faceva partire il trip dei trenini elettrici. Io avevo più che altro treni passeggeri.
Il campanile di chiaravalle, o viboldone, chissá, ci accompagna da sopra i campi. Papaveri, mozziconi di boschi, una cava di sabbia. File di germogli, un coccodrillo blu in un campo da golf, giovani piante di granoturco, caseggiati popolari che si affiancano alla ferrovia, campanili di mattoni. Il Residence di Pieve. Una strada di campagna rialzata con le sponde coperte di papaveri.
Tutta vita, come ai vecchi tempi. Famagosta-Assago moltiplicato per infinito.
Mucche! é la stagione più bella, la barba verde dei campi é ancora corta, il rasoio passerà tra mesi. Anche senza la luce del sole - anzi, la strada che abbiamo appena incrociato era lucida di pioggia - la campagna del finestrino profuma delle mie vacanze in Veneto, di giri in bici sulle strade agricole, di pesci gatto nei fossi. La scorciatoia in mezzo alle piante di granoturco - piove, ora, e l'odore della terra bagnata entra in treno - che io ed Ilaria facevamo per andare ai Prai. Con tanto di travi insicure sopra i fossi da passare con un colpo ai pedali deciso, un occhio chiuso e l'insicurezza del cugino di città, tra l'altro più piccolo di due anni, non abituato alle avventure campestri.
Pavia, pausa urbana al paesaggio agricolo. Studenti e pendolari farciscono di se stessi un regionale. Ecomostri a forma di fungo protendono i terrazzi dell'ultimo piano verso la ferrovia, con un'aria squallida di edilizia sedicente di pregio.
Sui treni, quelli veri, la free press va poco. Ci sono i quotidiani veri, quelli che si deve decidere di leggere, che non capitano in mano allungati da giovani indiani con la pettorina. Se a Pavia passa il Po - non ci siam mai voluti tanto bene, io e la geografia - lo abbiamo appena attraversato. Vorrei vedere il Mississippi. Il Nilo. Capire cosa significhi fiume. Sotto pavia risaie come specchi riflettono il cielo grigio e la campagna. Non piove più.
Sbadiglio, ma fuori c'é il mio passato da obiettore viaggiatore, da studente senza l'obbligo di frequenza; c'é l'aria di vacanza del non aver timbrato.
Per la cronaca, il Po lo abbiamo passato ora, sul ponte ferroviario di metallo che si vede anche dall'autostrada. La seconda opzione è il Ticino, la terza Google.
Su entrambi i lati del treno boscaglia fitta, poi di nuovo campi e fattorie.
Davvero non posso dormire, né smettere di scrivere. Balle di fieno e gazze, il volo di uno stormo di uccelletti, alberi e tralicci isolati: quando mi ricapita? A Genova mi aspetta una versione edulcorata del quotidiano, ma ora sto viaggiando. Senza pesi - Un fagiano! - senza pesi come si dovrebbe sempre viaggiare. In treno, come si dovrebbe sempre viaggiare. Ai due capi della doppia linea di metallo ci sono obblighi, affetti, preoccupazioni e radici. Le rotaie isolano, come un hovercraft sollevano da terra.
Voghera. Finghé non è combledamente fermo, nessuno scenda. Questa non é allergia, é accento.
Sosta breve, ripartiamo piegati a sinistra. Voghera, complice il cielo imbronciato, ha l'aria squallida. Stamattina ho scartato l'idea di prendere un ombrello; se gli appennini non faranno come loro solito da spartiacque a questo cielo sempre più nero, avró ufficialmente fatto un grave errore.
Una carrozza su un binario morto aveva tutte le porte e le finestre sigillate con lastre di metallo. Inquietante. Per un attimo ho portato la fantasia al suo interno.
Controllore.
Che non mi ha chiesto nulla.
Per viaggiare gratis in treno basta avere la barba fatta e un blackberry. Sobrio, massimo un Curve, nero. All'arrivo del controllore si tocca qualche tasto, si sussurra un "ecco" e ci si mette con aria d'attesa e lo schermo un po' rivolto verso di lui. Non é la prima volta che capita, che non mi chieda nemmeno la penultima lettera.
I campi qui sono più avanti coi lavori, alcuni almeno. Altri fagiani pascolano su un campo in ritardo, non ne avevo mai visti cosí tanti. Anzi, di vivi, prima di qualche settimana fa, non ne avevo proprio mai visti.
Quadri di natura, design, pattern alternato di fieno già raccolto in balle, papaveri e verdura in crescita. Quanti bambini sanno ancora da dove arriva il pane? Il latte, le uova? Ci sarà ancora educazione tecnica alle medie? Qualcuno spiegherà ancora che non é merito del mago di Esselunga ma di quei contadini che ancora non hanno iniziato a coltivare pannelli fotovoltaici?
Prima galleria, la pianura é finita. Con il buio dal finestrino mi sento quasi più a mio agio.
Il mio dirimpettaio mette addosso una felpa bracalona, in effetti l'aria condizionata funziona.
Abbiamo appena lasciato sulla destra quelli che a tutti gli effetti sembravano scavi archeologici. Non capita quotidianamente, ma comunque ho percorso questa tratta diverse volte, avendo "casamadre" a Genova, ma stamattina continuo a scoprire cose mai notate.
Forse perché oggi sono sveglio, perché guardo e vedo.
Merci di bobine di acciaio, una massimo due per vagone, devono avere un peso incredibile.
8.25 pausa bberry impallato. Sperando che il più drastico dei metodi da karate kid, togli batteria, rimetti batteria, abbia funzionato. Mentre bb si riprendeva dall'intervento a cuore aperto e io leggevo Palahniuk, siamo entrati in montagna. Lunghe gallerie e boschi di un verde violento e inaccessibile. Per quel poco di cielo che vedo, lo spartiacque appenninico oggi non sembra funzionare. Mi ero immaginato Genova al sole. Non che cambi, stando otto ore in una sala riunioni a fare un corso su come influenzare i miei stakeholders. Sic. Ipnotismo aziendale. Condizionamento mentale istituzionalizzato. Torneró in grado di fare il pifferaio magico tra le scrivanie.
Dovremmo quasi esserci, ed é ufficiale che non ci sará il sole. Ecco l'autostrada sospesa sopra Genova, e un occhio di mare. Vecchioni in una sua canzone lo definisce "l'azzurro capovolto che riflette il cielo".
Se il cielo é azzurro. Altrimenti resta sí il cielo capovolto, e del cielo prende il colore.
Mi preparo, la prossima é la mia.

martedì 29 maggio 2012

SCOSSO

17.55 tre scosse, due delle quali talmente forti da aver sperato, inutilmente, che l'epicentro fosse molto vicino. Tanto forti da farmi indossare il mio giubbetto da addetto alla sicurezza e far evacuare il piano.
Tutti sani e salvi, tranne il mio senso dell'equilibrio. è un piacere inaspettato essere sul treno, spinto a sinistra e a destra dalle sue oscillazioni sui binari. Almeno non ho mal di terra, non sento vibrare la scrivania, non guardo le veneziane in cerca di un riscontro ai miei sensi scossi. Il treno balla, é un dato certo, il movimento é visibile, e ho tregua.
Sofia se ne é andata in questo giorno di sismi, e come temevo non riposerá sotto il boschetto della plodera. Cremata. Smaltita. Niente.
Pare che anche mio papà, che l'ha accompagnata a riposare, abbia pianto. C'é una foto bellissima, mi é venuta in mente ora: lui e Sofia dormono uno di fianco all'altro, entrambi coprendosi gli occhi con un braccio uno, una zampa l'altra, e una lama di luce passa sopra entrambi. Anche Margot non mangia, basterebbe molto meno per regalare un'anima a tutte e due. A Moka, anche. A Nana, che non ho mai conosciuto.
Sant'Ambrogio é appena passata, lo dico giusto per dimostrare che sono in metropolitana.
Voglio dormire, sono devastato dal sonno. Fino alle quattro ho retto, poi crac. Tolte le 2.30, ho visto tutte le mezze della notte scorsa.
Non capitava dalle prime notti prima degli esami. Universitari. Potrei meditare il suicidio, se soffrissi di insonnia.
Moscova, manca ancora tanta strada per approdare sul divano. Le voci sono sovrastate dai gemiti della galleria.
Ho il ginocchio appoggiato ad un sedicente freno a mano.
Nel vagone a fianco al mio é salito Eugenio. Che é in Cina, ma anche qui. Indossa occhiali scuri, ma é identico ad Eugenio. Non ho modo per fotografarlo, ma sono tentato di scendere e cambiare vagone. Anzi, sperando non scenda a Centrale, lo farò.

SOFIA

7.39 come se lo sentissi, ho scritto ai miei una decina di minuti fa. Mi ha richiamato mia mamma, con la voce rotta dal pianto. é una gatta, lo dico subito. E', non era, é ancora Sofia, la mia vecchietta. Mentre scrivo sta andando a smettere di soffrire. Mentre scrivo queste righe Sofia sta per smettere di respirare, sta per diventare un corpicino senza più niente dentro, un corpicino che non ci verrà nemmeno restituito per poterlo portare, come avevamo pensato tante volte, a San Fermo, la sua casa delle vacanze, gioia matta di topini di campagna portati a casa vivi con orgoglio, di passeggiate affardellata dal guinzaglio, come uno strano detenuto, di fughe e cieli all'imbrunire di angoscia, e poi il suo serafico ritorno sui polpastrelli silenziosi.
La mia palletta di pelo se ne va, paradossalmente la prima gatta che vedo morire. Mousy era scappata in Umbria, la cucciolata di gattini neri ha tutta trovato casa prima che compisse un anno, Margot é ancora una gattina, e da oggi non avrà più la sua svogliata compagna di giochi, l'oggetto dei suoi salti e agguati respinti con matura sufficienza, col distacco della gatta adulta che ha smesso di giocare. Sofia giocava, Sofia catturava topini e passeri, Sofia si arrampicava all'esterno del balcone di Paolo Bassi per salire al sesto piano da Elise.
Sofia se ne sta andando, con una puntura. Chiuderà gli occhi, mentre io trattengo le lacrime in mezzo ai passeggeri di questo treno senza orecchie e cuore. L'ho salutata due giorni fa, ma ero convinto avrebbe semplicemente speso una delle sue tante vite e l'avrei ritrovata, vecchia, lenta, stanca ma viva.
Una delle sue ultime vite, avendone usate tre per cadere indenne dal quinto piano ed una per fare il fachiro inghiottendo un ago che, in proporzioni feline, equivaleva ad uno spadone a due mani.
Riceverò una telefonata, qui sul treno o in ufficio, non servirá nemmeno rispondere.
Ti saluto vecchietta, soprannominata con nomi intrascrivibili, quieta anima della casa, placida vecchietta bianca. Mi hanno detto tante volte che gli animali non hanno anima, quando ero un bambino, e io con rabbia ho sempre combattuto questa idea. Non so quanto conti il mio parere in merito, ma so che vorrei essere lì con te e sussurrarti nell'orecchio che va tutto bene, che ti voglio bene.
Ti voglio bene Sofia. Ciao.

lunedì 28 maggio 2012

MANUTENZIONE

8.24 oggi leggo, e leggendo non posso scrivere, e non potendo scrivere scrivo ora mentre arriva la metropolitana. Scrivo che oggi leggo. Perché leggere serve a scrivere.

venerdì 25 maggio 2012

MONEY

7.46 sono già dopo Centrale, anzi ora in Gioia, ma sono scusato: ero impegnato a diventare ricco. L'oppio dei popoli, il gratta e vinci. La promessa di una vita agiata, l'unico modo per ottenerne una, che dalle retrovie dei pensieri ogni tanto ti invita, il canto che prende il ritornello da Lennon e dice "give hope a chance".
Ora é al sicuro in borsa, ma finché non lo tramuto in contanti un filo di paura tiene all'erta i sensi.
Non fraintendiamo, non ho in borsa la fine dei miei problemi, l'agio, anzi. Qualche spesa al supermercato, poco più. Però "sono palanche belì".
Sant'Ambrogio, le persone colorate d'estate che ho visto con la coda dell'occhio sono scese tutte, é rimasto un vagone di assaghesi.
Ieri ho fatto un giro in Moscova, rivedendo anche un vecchio "commilitone" del softair, e la cittá viva mi ha di nuovo accarezzato. Meglio stare in cattività, meglio non pensare.
Famagosta, una nota di colore riesce a darla solo una donna sulla trentina, bionda, con la sua lunga gonna svolazzante a fiori arancioni: era su Già da qualche fermata, ma coperta da passeggeri grigi.
Sole incerto verso Assago, unidità dai prati e nuvole. Non sono riuscito a raccogliere i fiori d'acacia, ora mi tocca aspettare un anno e sperare tra un anno di ricordarmene.
Assago Milanofiori Nord.

giovedì 24 maggio 2012

RIPETUTO

8.21 scendere sottoterra stamattina ha spento la luce. Le persone in superficie, i loro vestiti leggeri, i volti erano illuminati dai morbidi raggi del primo sole. Oltre a questo, sembravano più leggere le loro vite, le attivitá in cui erano intente o alle quali si dirigevano.
Soprattutto i mercatari.
Oltre alla solita ammirazione fanciullesca per le bancarelle profumate, stamattina li ho invidiati.
Lentamente, Caiazzo. Rivoglio il sole e l'aria tiepida.
Voglio prendere nonna Carla e portarla in giro per Monticello in cart. Il sole e il profumo dell'erba sono meglio di qualsiasi antidolorifico. Vorrei stare con lei e Paola al sole, e sperare che, se non é Dio, sia il caso a regalarle di non mettere più piede in un ospedale.
Moscova, il treno mi arriva agli occhi ed alle orecchie da lontano. Non sono qui. Aspetto Cadorna per un posto a sedere.
Eccomi. Ho di fianco un signore anziano con la fede al dito. Gli auguro e spero che la moglie ci sia ancora e si vogliano ancora bene. Una bimba in passeggino si guarda attorno con occhi curiosi e luminosi. Due ragazzine programmano un piano d'azione per l'estate con il ragazzo di una delle due; prevede una riconciliazione fino all'estate, poi una pausa di riflessione ed esami di riparazione a settembre.
Siamo in viaggio verso Romolo, passo in rassegna i piedi davanti a me. Non ho molto altro. Faccio schioccare il ginocchio, quasi non penso.
Famagosta, di fianco a me parte una conversazione su Alghero, dove pare che anche con la pioggia sia ormai estate.
Non va bene quasi nulla. Dall'estate anticipata di Alghero si é passati a quella quasi costante di Roma.
Anche la primavera di Assago non é male, ma la stagione mi arriva lontana come non ricordo che mi sia mai successo.

martedì 22 maggio 2012

BREVE

17.30 ora da travet, per dirla nel mio - si fa per dire - dialetto.
Si parlava di terremoti, fino a poco fa, con una collega che assicura caseifici. Per lei una botta come quella di domenica a Parma ha una dimensione tutta particolare: forme di grana che precipitano dai bancali - altissimi, li ho visti alle elementari ma anche dalla mia attuale altezza penso che non perdano di imponenza - e si frantumano, e la polizza assicurativa che paga il sinistro.
Mi sono sempre vantato di non essere un vero assicuratore, ma un business analyst - copyright Pepper 2011 - ma a volte può essere non dico divertente, ma interessante.
Garibaldi, scendo alla prossima. Il titolo avvertiva: iniziato tardi, scendo prima, ma vista la recente penuria di ritorni non mi lamenterei.

SECONDI

8.18 un posto a sedere che si libera, due sguardi che si incontrano. Questione di attimi, stimoli nervosi, muscoli intorpiditi o scattanti. E pensieri, tanti, calcoli e se e ma. Uno resta in piedi, l'altra si siede. Gira così.
A Centrale, senza sfide all'Ck Corrall, il mio angolino lo trovo, e dormirci sarebbe gran cosa.
Garibaldi, presentat arm del reggimento sulla banchina. Pubblicità dei salti in padella. I generici dell'Unes, a parità di ricetta, costano un terzo. Questo non lo dice la pubblicità. Dice - l'ho verificato a Moscova - più abbondanti, più gusto. Sarà quello, a giustificare la differenza.
Cadorna, effetto svuotamento e riempimento, parole di un mio compagno di viaggio. 8.28, ora vista al volo sull'orologio della stazione, lancette rosse poco prima del tunnel.
Alterno alle note un carteggio con Paola, si parla di se e della mia casetta brianzola. Vorrei schioccare le dita e farla sparire, spiegare a chi fa le leggi che chi l'ha acquistata non esiste più, e che chi c'é ora non viola la legge, a volerla semplicemente vendere. Una bestia accovacciata in un angolo della mente, in apparenza tranquilla, ma pronta a mordere senza preavviso. E dire che profumava di sogno, appena nata.
A Famagosta il nostro nocchiero é arrivato lungo, tirando un paio di inchiodate decise, mettendo la retro e poi dimenticandosene alla ripartenza.
Il cielo sopra Berlino non so come sia, quello sopra Assago promette acqua.
Ricordo il secondo giorno di Assago, molto prima della metropolitana. A Milano c'era il sole, a famagosta anche, in autostrada anche. I palazzi di milanofiori non si vedevano. Come un sortilegio, li avvolgeva un banco di nebbia. Prima dello svincolo del forum il sole era sparito, e non l'ho più visto fino a mezzogiorno.
Oggi c'é un po' di foschia.
Oggi é anche maggio, e io sono giá in ascensore.

lunedì 21 maggio 2012

PROVVISORIO

19.02 scosso da brividi di freddo. Il calendario segna il 21 maggio, il termometro, il barometro, il pluviometro e l'igrometro dissentono con veemenza.
C'é di buono che non innaffio l'orto, e che le piante crescono rigogliose. Sembra un commento da londinese. La buona notizia é che non dovrete annaffiare il backyard nel weekend.
Il treno non riscalda, le mani sono stupide.
Anche la testa. Che schifo.. Dimentica, dimentica, dimentica!
Porta Genova, posti a sedere liberi.
Stasera zuppa di legumi, dopo quella di farro e lenticchie a pranzo.
Cosí in libertà, gente ciarliera. Studenti universitari, cattolichini visto dove sono saliti.
Ecco la storia che irrompe! Il mio vicino di sedile ha un Motorola Flipout! Come il mio! Non sono solo! Come si dice, mal comune mezzo gaudio. Storia minore, va bene, ma certe coincidenze fanno sempre il loro bel colpo di teatro.
Vorrei non avere tra me e casa le tre vie che incombono sul mio futuro prossimo con la promessa di freddo, pozzanghere e pioggia.
Vorrei anche dei guanti. Di lana. Cose che si desiderano, in primavera.
Gioia. Piove in banchina, la Martesana deve essere ben piena d'acqua. E la fermata di Sondrio deve essere, di conseguenza, allagata.
Non posso fare a meno di buttare di quando in quando un occhio al malefico gemello del mio malefico smartphone. Il suo prorietario sembra peró gestirlo quasi con piacere. Ci si abitua a tutto.
Buffo, guardare le persone sugli altri vagoni che curvano in bella vista nelle lunghe prospettive del treno senza divisori.
Loreto, le vie si avvicinano. Anche casa, azzarderó una corsetta.

JUST IN CASE

8.48 consapevole delle numerose assenze, tutte giustificabili, delle ultime settimane, tengo "acceso" questo post, nel caso capiti qualcosa da consegnare all'eternità per il mio tramite.
Per quanto io dubiti che da una carrozza di metropolitana coi vetri appannati possa passare la storia.
Lo pensavano, probabilmente, anche molti spagnoli ad Atocha, ed i londinesi di - quando? Mi informerò in post edizione. 2005 nota di postproduzione.
Fino a Caiazzo, nulla.
Mi chiamo Matteo, ho 33 anni, sono sposato da poco più di un anno, lavoro in una compagnia di assicurazioni, pur occupandomi di tutt'altro e non sapendo nulla di assicurazioni.
Da qualche mese tengo un blog. Parlo di viaggi. Lo facevo anche anni fa, senza blog, su carta.
Ho deciso di mantenere la promessa, di ricominciare a scrivere.
Osservo e ascolto la gente e le voci della metropolitana verde. Da Piola ad Assago e ritorno. Questi sono i viaggi che mi sono concessi, e di questi parlo.
Persone bizzarre e gente qualunque. Studenti ed impiegati per lo più. Zaini e cravatte. Ombrelli, oggi. Passaggi veloci di vite che condividono il mio tragitto quotidiano.
Per chi scrivo? Per Matteo. Non per me, per il Matteo ventenne che voleva fare lo scrittore. Scrivo per dimostrargli che non mi sono impiegatizzato del tutto. A volte riesco anche a convincerlo.
A Famagosta ancora nulla, la storia di lunedí mattina dorme, o frequenta altri luoghi. Ci lascia a sonnecchiare, o a pensare a quello che ci aspetta in ufficio. O fuori dall'ufficio. In una culla, in una stanza di ospedale, o dall'altra parte del mondo. Montano Lucino, San Francisco, Pechino, Alba; nessun posto é lontano.
Pensiero globalizzato. Nessuna connessione 3G é altrettanto veloce.

venerdì 18 maggio 2012

TRASCINARSI

8.21 potessi arrivare alla fine della giornata ora, lo farei. Ma anche una volta finita questa settimana di lavoro, non arriverei ad un posto sicuro. Anzi, potrebbe essere peggio. La signora davanti a me parlava fino a poco fa con sua mamma, in dialetto. E' ancora sul treno ma a Loreto si é allontanata. Cerca di convincerla a far fare le pulizie di casa alla donna che verrà settimana prossima.
Centrale, ho lasciato andare già due posti a sedere, come se non avessi il mal di gambe e la stanchezza più generica che ho addosso.
Garibaldi, seduto. E abbastanza evidente che io stia trascinando anche la scrittura. In bilico sulla decisione di troncare e chiudere gli occhi.
Ecco, lo sapevo: non dovevo dirmi della possibilità di chiudere gli occhi.
Lanza, buonanotte.

giovedì 17 maggio 2012

MAGARI

7.44 ho perso un Assago perché ero intento nei miei pensieri, e ancora quei pochi minuti sulla fredda panca di granito in stazione pesano sugli occhi. Sul corpo. Pochi minuti davvero di illusoria pace, tra la poca gente di Piola, prima delle fiumane di studenti.
Stamattina fa ancora freddo, dopo il vento, tanto, di ieri. Sul treno pochi rumori, nessuna voce. Invita al sonno. Anche Centrale non lo ha riempito, é rimasto placidamente sonnolento.
Solo ora la musica di un ragazzo che smanetta al cellulare punteggia il sottofondo di stridii di rotaie.
Garibaldi non manca al suo impegno di distribuire forze fresche nelle vene sotterranee di Milano. Forza lavoro, future leve, iniettati dai treni nel cuore della lombardia e messi in circolo dalle metropolitane. La verde d'altra parte é la linea delle stazioni. L'unica che non intercetta è Rogoredo, ma é solo una tappa verso Centrale. Se salissi a Lambrate, la distanza da casa é quasi uguale, le passerei anche io tutte.
Cadorna carica adolescenti con dipinto in volto un luminoso futuro da cassiere sfornafigli e le sputa una fermata dopo.
Quanto si può fare con gli adolescenti, quanto bene e quanto male. Le mie esperienze più o meno tangenti all'insegnamento sono tra i ricordi più belli che ho; dalle ripetizioni alle vacanze dell'oratorio all'anno di doposcuola, alle settimane con Orza, non posso inventarmi di ricordare tutti i loro nomi, ma i loro volti sì, ed il passaggio dal sospetto alla fiducia, dall'essere loro nemico al sentirti fare domande importanti, anche. Mi mancano, a volte proprio tanto.
Il mio lavoro mi si para davanti. Assago.

mercoledì 16 maggio 2012

DISTRATTO


7.46 Angry birds colpisce anche qui. Non contento di togliermi mezz'ore di sonno con la lusinga di fare tre stelline nel più impestato degli schemi, stamattina mi ha intrattenuto fino a Moscova.
Fa appello a quella parte autistica e testarda di me. Dovrei provare a contare il numero di tentativi che sono capace di fare prima di riuscire a convincermi a mollare il colpo, ma credo comunque che non basterebbe a convincermi che c'é dentro il diavolo.
Una vocina petulante, salita non so quando, mi urlacchia nell'orecchio, parla di multe, entra nella testa. Il suo interlocutore almeno é pacato, lei é un'arma d'appoggio a raffica continua. Si é spostata a Sant'Agostino nel mio campo visivo: un comodino dal mento volitivo con due gambe elefantine, attraente quanto piacevole da ascoltare.
Romolo; scendono tre versioni impuberi di qualche rapper sudamericano colluso coi narcos, che imitano anche nella nazionalitá, si affievolisce la mia speranza di arrivare in ufficio prima che l'allergia mi metta in ginocchio.
Con abile mossa sono uscito di casa senza fazzoletti, ho rimediato elemosinando tre tovagliolini da colazione al bar dentro la stazione di Piola, ma la carta oleata non é il posto più morbido dove mettere il naso. Oggi ho deciso di godermi la campagna senza scriverne. E sono già in ritardo.

martedì 15 maggio 2012

ARIA

19.26 il sole mi tramonta alle spalle. L'aria condizionata ATM mi spazza le orecchie.
Non più tardi di dieci minuti fa ho scritto, non qui, che stasera avrei bigiato, ma solo gli stupidi non cambiano idea.
Non ho particolari motivi per scrivere. Non la coppia madre-figlia musulmane col velo, non i due codinati, Woodstock a sinistra, Corona a destra. Mi faccio compagnia, alla fine é quello che faccio sempre.
Romolo, arriverò a casa con l'otite.
Pausa massaia via sms. Ho dei prodotti preferiti per la pulizia di casa, e con questo? Compenso con rutti e peti. E battute a sfondo sessuale di una bassezza becera.
Lupus in fabula, entra un trio di designers milanesi o equiparabili in cui la più mascolina é la ragazza. Forse anche la meno truccata. Con addosso dei pantaloni di tela da personaggio di Corto Maltese. Che non ho mai letto, ma mi é venuto in mente davanti ai pantaloni. Scesi a Cadorna.
Lanza. Mocassini senza calze, bermuda di lino e camicia chiara; ci deve essere stato un casting per una storia ambientata nelle Indie orientali. Il sahib, a cui manca solo il casco coloniale, ipnotizza la sua interlocutrice al punto tale che la stessa mi ha dato un pestone qualche frenata fa.
Stasera vorrei andare a dormire prima delle undici. Non ci riuscirò, ma é bello drogarsi di queste pie illusioni. Come le schiscette di pollo ai ferri da sostituire alle schiacciatine del distributore. O l'andare a giocare a basket al parco con Paola. Prendere la patente nautica. Aprire il "ghe pensi mi". Perdere la panzetta. Smettere di tagliare la gente a pezzi con arguzie cerebrali. Chiamare mia mamma prima che sia lei a farlo. Fitter. Happier. More productive. Comfortable. Not drinking too much. Regular excercises at the gym three days a week.

DORMIRE

8.20 in assenza di posti a sedere e di posti in piedi d'angolo, sono di fronte agli otto sedili di fondo, come un maestro di fronte ad otto allievi mezzi addormentati - anzi, alcuni proprio dormienti - svogliati e mogi.
Lo ero, almeno: la mia carriera di maestro é durata una fermata, poi con abile mossa e di meno di una lunghezza ho anticipato un passeggero che mi sta ancora odiando e ho preso posto ai banchi dei quali mi stavo eleggendo supervisore.
Davanti ho una camicia bianca, gilet nero e taglio di capelli geometricamente impeccabile. Sembra appena fatto, e da un parrucchiere con alle spalle studi da geometra.
Il parrucchiere della sua compagna di banco ha invece un curioso concetto di tinta bionda, e la poverina, che già ha i suoi problemi a rimanere sveglia, porta in giro una chioma che è quasi rossa.
Garibaldi, i pendolari brianzoli ci invadono. Non riesco a ricordare che strada facessi una volta sceso a garibaldi dal treno che prendevo a carnate. Cerco di ripercorrere i miei passi in mezzo al fiume di gente, ho l'impressione, qualche immagine, di me che vado a piedi verso corso Como ma non avrebbe senso.
Forse ce l'ho: sono sommariamente certo di aver aspettato diverse volte la 94 in Moscova. Sí, é così, torna tutto. Prendevo la metropolitana in Garibaldi, e scendevo in Moscova. Non ho immagini chiare, anzi, mi fido ma é come se avessi rimosso quel tratto di strada. Ricordo peró con precisione dalla base della scala mobile di Moscova, che salivo due gradini per volta scrutando la strada. Veder passare una 94 senza riuscire a prenderla significava perdere, mal contato, un quarto d'ora.
Del tratto di metrò, nessuna traccia. Vivida la scala mobile, vivida la fermata di fronte al negozio di biancheria con l'inquietante vetrina di Anne Geddes e tutti i suoi bimbi di peluche, vaghi ricordi del percorso sulla 94, che comunque prendevo già quando ancora vivevo a Milano.
Pensieri. Potenti ed incontrollabili. Ed il solito dilemma se lasciarli andare o combatterli.
Mentre ripercorrevo la mia strada da brianzolo, il treno ci ha portato a Porta Genova. Il ragazzo il gilet c'é ancora e parla al cellulare, la bionda rossa é scesa chissà quando e il mio compagno di banco é cambiato non so quante volte. Quello attuale guarda sorridente davanti a sé.
Niente studenti stamattina, almeno credo. Non sono stato particolarmente presente.
Famagosta. Devo dimagrire. Guardando l'ora ho appoggiato l'avambraccio sul salvagente di ciccia che la camicia abilmente nasconde. Meno astute le riprese del mio swing sabato pomeriggio: a volte penso sia un'intolleranza alimentare.
Mi godo la campagna, mentre i palazzi di assago compaiono all'orizzonte

lunedì 14 maggio 2012

STOMACO

8.13 zitto zitto, ha lasciato che guardassi altrove, che parassi altri colpi mentre lui preparava la sua sortita. Un'avvisaglia sabato, che solo ora collego col suo piano diabolico.
Mi ha anche lasciato mangiare tranquillo, ma ora é chiaro che il mio stomaco abbia risentito del weekend, e ora lo sento lì, nel suo comodo centro, come un cane che ringhia.
Da Centrale ci abbiamo pensato un po', prima di partire; mi allontano dalla porta, Gioia apre alle mie spalle.
Ho calcolato la traiettoria ideale, squadrato i miei avversari, atteso il momento adatto, e appena si sono aperte le porte a Garibaldi mi sono gettato come un predatore urbano sul posto a sedere - d'angolo - che mi ha salvato dall'imbottigliamento di gente in piedi.
Un "che schifo" sibilato da una voce femminile alla mia destra mi ha attirato sulla coppia di rom vestita con un patchwork di abbigliamento caritas scesa ora a cadorna.
Stivale bianco borchiato con inserti in pelle, gambaletto che spunta con bordo e fiocco di pizzo, calza velata a pois, gonnellina beige doppio strato, chiodo nero, capello nero corvino, mento deciso. Lei sì che andrebbe fotografata, c'era anche l'occasione nella ressa prima di sant'Ambrogio, ma rischiare per tre megapixel mal contati..
Foto di gattuso e inzaghi in lacrime, allargo il campo dalla prima pagina di metro e compare il viso ben rasato, capelli con doppio taglio che non si portavano nemmeno quando ero alle medie e occhiale largo lenti scure con montatura da nerd che tanto va di moda. Sotto, boccuccia stretta atteggiata a smorfia di disgusto - la bocca a culo, si dice, mi prendo una licenza poetica.
Il passo aggraziato con cui é sceso a Romolo ha chiuso il cerchio.
Famagosta ospedale san paolo, doors open on the left. La squaw chiodata trova posto di fronte a me, cerco senza successo di capirne l'età.
Offeso per la poca attenzione dedicatagli dopo l'intro, lo stomaco ringhia.
Il sole fuori famagosta riscalda in un attimo il vagone, la giornata si annuncia calda. Il mio pensiero torna all'origine del bulldog gastrico. Ora le dedico il mio pensiero e la preghiera.

giovedì 10 maggio 2012

LATRATI


18.39 metti un risveglio difficile. Metti un arrivo in ufficio immediatamente seguito da una telefonata. Metti un ritorno a casa non previsto. Metti un'ora di tentativi di entrare in casa come se non se fosse la tua. Metti la rassegnazione al fatto di non essere uno scassinatore. Metti un'uscita a correre trasformata dal tuo capo in 50 (cinquanta) minuti di corsa sotto il sole. Metti l'arrivare alle 18.30 avendo sistemato l'arretrato che avevi sulla scrivania. E' lecito essere stanchi, direi.
Il treno, complice anche il golf che indosso, é caldo, e contrariamente alle mie abitudini ho mal di testa. Palleggio l'idea di chiudere a porta Genova le trasmissioni.
Napoli con furore discute della sua offerta di lavoro a voce alta. Dai finestrini aperti per sopperire l'assenza di aria condizionata passano i gemiti bestiali delle rotaie.
Ora c'é anche Giorgio il musicista a stuzzicare l'emicrania. E io palleggio. Ci concede il valzer del luna park come bis. Stuzzica che ti stuzzichi, abbaia.
Cadorna mi regala un sedile laterale, magra consolazione a tutti i problemi che assediano il mio ritorno oggi. Sms.
Niente sms, era il segnale di batteria stanca. Oggi per la prima volta in vita mia ho visto un bberry spegnersi perché scarico. Ovviamente nel momento clou dell'emergenza casa chiusa. Da dentro. Non avete mai visto con vero amore il vostro soggiorno se un fabbro non vi ha mai aperto la porta di casa. Sms, questo deve essere vero.
Gioia, i latrati non smettono, e a furia di palleggiare ho comunque coperto un buon tratto.

VENERDI'

7.41 lo so che é giovedì, sulla carta. Giovedì 10 maggio, san nonsocosa, trentordicesimo giorno dell'anno. Questo non toglie che ogni mia singola cellula percepisca oggi come venerdì; a dire il vero, frange più estremiste del mio organismo sostengono che oggi sia domenica, ma lavorativa.
Trincerarsi dietro alla stanchezza di stagione non regge. Ieri sera - o era martedì? - quando è arrivata la ragazza delle pulizie, che per l'ennesima volta avrebbe dovuto saltare la mia scrivania perché ancora occupata dal sottoscritto, ho tolto le mie carte e le ho detto di pulire pure, che mi dispiaceva costringerla sempre a passare dopo. Ha sorriso, e ho scoperto che parla italiano molto bene, a differenza di - credo - sua madre, che intanto stava passando l'aspirapolvere.
Cosa é uno piscologo? Avrei detto psicologo, se la midget dall'accento pugliese ma aspirato non stesse parlando di problemi di respirazione del marito. Una fermata ed é scesa, assieme ad una sua altrettanto bassa amica. Psuké, se i miei ricordi di greco valgono ancora qualcosa, prima che anima dovrebbe voler dire respiro. Altri indizi non ne ho.
Parlando di persone diversamente alte, stamattina a Piola ho incrociato i miei innamorati riccioloni - cadorna intanto, posto a sedere e carico di ragazzini delle superiori. Di solito li trovo fissi ai piedi della scala, contro la parete; oggi invece stavano, direi, uscendo, in ogni caso camminando sulla banchina, e mi sono passati molto vicino. Sono due meravigliosi hobbit riccioloni ed innamorati.
Gli studenti di Cadorna sono scesi in Sant'agostino, potrebbero essere studenti del Cavalieri, istituto tecnico dove. Mia mamma ha insegnato per anni. Mi viene in mente di averne già parlato.
Romolo, le metro note mi impediscono non solo la lettura, ma anche i pisolini del passeggero. Il prezzo della celebrità. O delle promesse, meglio. Da oltre dieci anni, da quasi dieci, a contar meglio, promettevo a me stesso di riprendere a scrivere. Direi che sto recuperando con gli interessi.
Il sole dopo famagosta é caldo silla guancia. Uccelli simili a galline becchettano sulla sponda di un campo. Oggi è giovedì, non posso crederci né farcela

mercoledì 9 maggio 2012

CHIVALA'

20.07 non voglio passare per razzista, non sarò il re della tolleranza sempre e comunque ma non riguarda la questione attuale. Se in un treno vuoto una persona ti si siede di fianco, che sia italiana, verde o mancina, che sia colpa della società in cui anche a messa si cerca la panca vuota, uno si insospettisce.
Se poi la persona inizia a gesticolare in un muto dialogo con se stessa, la paura che sia un mariuolo diminuisce, ma comunque un occhio lo si tiene di guardia.
Davanti alla porta più vicina a me c'é un uomo meraviglioso, che la gente di Cadorna spero non mi nasconda. Appena arrivato l'ho notato solo per la bicicletta piegata in tre che si porta dietro - valore commerciale un n imprecisato di migliaia di euro - ma l'occhio al mio bipolare dall'acuto afrore mi aveva distratto dal meglio di lui. Il ricco ciclista all'avanguardia indossa un paio di stivaloni ultra tecnici da moto, allacciati dietro.
Forse nello zaino tiene il casco integrale, e indossa sotto gli abiti da ufficio un guscio spinale. Con quello che capita ai ciclisti milanesi, come biasimarlo?
Nemmeno garibaldi era la meta del mio compagno di viaggio, che prosegue il suo monologo senza sosta, ed é, in questo momento, anche poco felice del punto in cui si ê incagliata la discussione. Vuole essere chiaro sul suo punto di vista, questo é evidente, lo dicono le sue mani.
Centrale, tempo di saluti. Studieró qualche tipologia di stroke play nel tempo che mi resta

FATICA

8.06 se il martedì sera arriva sotto le mentite spoglie di un venerdì, qualsiasi cosa succeda da quel momento al venerdì sera efffettivo sarà fatto in salita, a corto di fiato e con l'aria ispessita e la gravità aumentata. Anche l'aver trovato posto a sedere a Loreto non cambierà le cose.
Convincermi ad uscire di casa, stamattina, é stata una trattativa estenuante. Sono tornato a letto due volte.
Alle mie spalle si svolge una fitta conversazione in spagnolo tra voci femminili. Anche lo spagnolo somiglia al dialetto veneto. Sta diventando esperanto, il veneto che da bambino trasformava mia mamma ogni volta che riceveva una telefonata da Resana.
Stamattina anche l'allergia ha deciso di flagellarmi. Pausa tecnica.
Garibaldi, saturazione del vagone.
Guardo la galleria fuori dal finestrino taggato da un writer armato di pietra, come i neanderthal. Ci sono gallerie laterali, e scale, nicchie, porte. Un sottosuolo da fumetto.
Le ispaniche si salutano, una delle due scende a lanza. Una ragazzo dal sorriso simpatico si infila sotto l'ascella di un signore piazzato per poter scendere.
Ieri sera ho viaggiato solo da assago a romolo, ed erano le otto di un giorno devastante. Non sto diradando i post volontariamente, insomma.
Sulla banchina di Cadorna mi é passato davanti - tecnicamente viceversa, ma sono poco galileiano - un giapponese, si distinguono in maniera inequivocabie, con camicia bianca e giacca senza cravatta e giacca celeste, sembrava uno dei bulgari di aldo giovanni e giacomo, solo triste.
Sant'Ambrogio, Sant'agostino. Il mio vicino invade il mio cilindro mentre legge. Ha un piede lunghissimo. Mette via il libro. Non per Porta Genova.
Direi la verità se qualcuno riuscisse a leggere quello che scrivo e mi chiedesse conto del perché scriva di lui\lei? Immagino di sí, sarebbe il modo più indicato per evitare discussioni. Forse.
Pausa tecnica, nemmeno lo spray nasale sta acquietando i pollini.
Il treno mugghia - bello, mugghiare! Con la penuria che c'é nel mio vocabolario, di verbi sonori, averlo ritrovato é una manna.
Saremo fuori tra pochi secondi, amo il tratto fuori terra, anche se oggi sono sul lato del treno che guarda l'autostrada. Merli nell'erba tagliata. Un canale enorme d'acqua incastonato tra gli svincoli. Graffiti su un cavalcavia. Acqua occasionale in mezzo a un prato. Cantiere enorme che sta trasformando un prato in qualcosa di ancora non definibile. Orti. Galleria del quartiere Cantalupa.
Arrivo.

martedì 8 maggio 2012

RIPROVA

7.44 caldo umido, un walkman a palla, un vagone pieno di studenti delle superiori.
Si notano di più, i liceali. Maggio dà loro un'energia da rush finale. Arrivare a maggio, per me, era dare un termine, stabilire che il mostro scolastico non era onnipotente. Finalmente gli si poteva dare una forma ed un termine.
A Centrale via quattro di loro, seduti quattro di noi. Oltre a me, ub uomo in abito elegante e una coppia di donne russe o giù di lí, quelle cinquantenni che badano ai vecchi o puliscono uffici in attesa di un vedovo italiano che dia loro sicurezza. Penso a quanto distanti da qui siano nate: se a spostarti é una qualunque forma di fame o povertà, la propria casa e il proprio paese devono mancare davvero tanto.
Garibaldi, la nuova guardia di pendolari porta con sé, evidentemente, pollini. Ieri sembrava nevicasse, i pioppi aspettavano da settimane che smettesse di piovere.
Il possessore del pronipote del walkman a palla, un ragazzino dalla mascella decisa, capelli a macchinetta e felpa della Duff, é sceso a Moscova con sua madre, una donna verso i 50 con una maglietta un po' troppo giovane e scollata per far la mamma ad un adolescente. Parere mio, che peró andrá aggiornato coi tempi.
Studenti di liceo classico chiacchierano di verbi deponenti, una volta sapevo che cosa fossero, ora...
A Cadorna con doppia mossa ho guadagnato un sedile laterale e mi sono liberato della giacca. Ora si ragiona, e mi sembra di sentire anche il ronzio dell'aria condizionata. Quindi fra un minuto dovró rivestirmi.
Sant'Agostino, il conducente ha aperto l'interfono, picchiettato il microfono e non ha parlato; i sensi pendolaristi sono comunque in allerta arancione.
Le russe sono scese a Porta Genova, non hanno mai smesso il loro chiacchiericcio fitto. Intensità, toni, e anche in parte la cadenza ricordano il dialetto veneto.
Che cosa triste morire. Porti via tutto di te, rimangono solo immagini e suoni che sbiadiscono.
Devo decisamente aggiornare il mio standard di abbigliamento da donna negli anta, rischio di diventare, ben prima degli anta stessi, un vecchio bacchettone.
Si cerca di diventare giovani appena possibile e si cerca di rimanerci il più possibile, va così.
Famagosta-Assago mi ha regalato una lepre! Parlando di ricordi sbiaditi, avevo proprio bisogno di un richiamino.
Ottimo, così la giornata inizia bene. Auspici e superstizioni? Più semplicemente, iniezioni.

lunedì 7 maggio 2012

UOMO AVVISATO

18.57 mancano 3 minuti all'arrivo del cologno nord, quindi sto anche violando la regola, o consuetudine se si preferisce, di scrivere del viaggio durante il viaggio, ma dovendo avvisare che non scriverò in viaggio posso permettermelo. Stamattina, con alle spalle un weekend di riposo forzato, la mia prosa era inconsistente come il tofu. Stasera, dopo un non stop di quasi 12 ore di ufficio, mi astengo per rispetto della prosa come idea.
Per la cronaca, le ultime righe sono state scritte in viaggio, quindi anche la forma é salva.

INNOCENZA

7.46 non è stato facile tornare alla sveglia delle sei e mezza. Un conflitto interno simile a quelli che Paperino affronta con il suo angelo e diavolo si é acceso al primo suono della sveglia. Comunque, le ragioni del risveglio antelucano hanno prevalso e sono qui.
Combattuto tra lo scrivere ed il leggere, tanto che dietro il blackberry tengo il libro delle regole del golf. Per ora, comunque, scrivo.
Ho osservato da Piola a Centrale, quando sono scesi, un ragazzino ed una ragazzina - solito mio problema sull'età dei personaggi - che chiacchieravano. Credo che avessero sui 14 anni; i loro volti, la timidezza nei toni, il loro parlarsi senza guardarsi - quasi un'aura che isolava i sedili da cui si parlavano - li teneva sospesi tra l'infanzia e l'adolescenza.
Ho visto nei tratti di entrambi la fragilità del salto nel buio che si fa alla loro età, ed é un salto lungo, finisce dopo anni, non basta la maggiore età a fermare i tratti ed il carattere.
Dovessi incontrarli tra un anno, forse assomiglierebbero ai due che ora ho davanti, che parlano di calcio nei loro vestiti accuratamente trasandati; all'esterno cercherebbero, magari con un discreto successo, di proiettare un profilo definito, molto prima di quanto vorrebbero, infinitamente prima di quando si troveranno, senza essersene accorti, adulti sul serio.
Ho appena passato Famagosta, due giorni lontano dalla penna hanno rallentato il ritmo.
Eccoci fuori, un sole nitido in un cielo senza nuvole saluta il treno ancora umido di sottosuolo. Le perturbazioni del weekend iniziano a rompere. Devo ricordarmi di andare, non so bene quando e come, a raccogliere fiori di acacia per ridare vita ad una ricetta che ho provato in un'epoca imprecisata della mia infanzia. Quasi di sicuro in Veneto.
Una rossa sul mio treno indossa dei leggigngs dorati. Il mondo è strano.

mercoledì 2 maggio 2012

SO LONG

8.45 il treno é una sauna; l'umidità, e l'odore orrendo di sudore e tabacco di un mio vicino poco amante dell'igiene personale, peggiorano le condizioni di vita di un mercoledì mattina già complesso di suo.
Quattro giorni a casa e ci si abitua a ritmi che l'impatto con un treno zeppo di gente mandano in tilt.
Il violinista, come chiamava il mio capo in Marsh l'uomo delle pulizie dall'ascella selvaggia, si é per fortuna allontanato a Centrale, senza scendere.
Qualcuno inizia a seguire il mio esempio e si alleggerisce da giacche e simili, obiettivamente é un suggerimento che arriva direttamente dall'istinto di sopravvivenza. C'é da chiedersi come mai un mese fa ATM tentasse di ammazzarci di diarrea con l'aria condizionata a palla, mentre stamattina preferisce farci spuntare le branchie.
Nuova infornata a Garibaldi, il mio angolino in piedi si restringe, ma con quello che vedo in giro é comunque un posto privilegiato. Pausa sms.
Stamattina avrei voluto parlare di Cattolica, di glory days. L'argomento é tornato per la seconda volta a proporsi in pochi giorni, non a caso a cavallo del mio trentatreesimo compleanno, ma come si fa a parlare dei profumi, dei colori e delle speranze delle estati di dieci anni fa da un vagone in cui, a Cadorna, sono appena entrati tre studenti delle superiori, universalmente noti per le loro intense note odorifere, che si sono tappati il naso?
Non faccio fatica ad immaginare l'impatto olfattivo, forse persino peggiorato ora che c'é meno gente e di conseguenza più aria.
Una delle schizzinose ha appena imprecato dietro ad un passeggero, che deve averla investita per scendere a Sant'Agostino, facendomi tornare per un attimo all'Alpetta.
Due piccoli sciatori, che insieme non facevano vent'anni, alle mie spalle, per motivi futili di piste o compagni in ritardo tirano un moccolo a testa, forse a gara, perché ho fatto in tempo, tra la prima e la seconda bestemmia, a parlarne con Paola.
Alla seconda sono scattato, inchiodandoli alle loro esigue anagrafi, a voce alta, con una frase che usciva dallo stomaco ed era passata per il cervello solo per cortesia.
Sole, verso Assago. Ecco dove era rimasto: in ufficio.
Uno dei bimbetti ha azzardato una scusa ridicola a metà tra lo spaventato e l'offeso. Sto diventando un vecchio. Saggio non so, ma spero di essere rimasto minimamente impresso.