7.05 se l'orario è insolito, il mezzo lo é ancora di più. In questo istante ho lasciato la cupola di mistico acciaio e vetro della stazione centrale, sono passato di fianco ai resistenti dei treni notte, di fianco alle vecchie torri della manutenzione, e con un sibilo per nulla confondibile con quello dei binari della metropolitana viaggio verso lambrate. Da lì, Genova.
Il capotreno ha appena annunciato, tra le fermate, Imberio. Tempo di correggersi e, forse suicida per la vergogna, forse soffocato da una risata, ci ha privato della sua compagnia. Non sapremo mai cosa ci aspetta a ponente. Imberio fa oggettivamente ridere.
Ho finalmente visto il trampolino per snowboard del Giuriati, me lo aspettavo più tecnologico, é un'impalcatura su cui hanno steso quella specie di erba sintetica che chiamano neve artificiale.
A pieno carico, uno scompartimento di seconda classe é angusto. Il gabodreno ha le consonanti montate strane: addenzione, gombledamende. Solo Rogoredo fa percorso netto: è stagione di allergie, anche sui treni. Allergie, escludo sia colpa dell'aria condizionata. Non foss'altro perché, almeno adesso, non ce n'é traccia.
Lungo il corridoio é passata una signora carica di Ikea. Cinese, ho subito pensato, viste le dimensioni del bagaglio. Mi sbagliavo.
In stazione, mentre partiamo, é arrivato un treno merci di cisterne. Quel tipo di treno che da bambino faceva partire il trip dei trenini elettrici. Io avevo più che altro treni passeggeri.
Il campanile di chiaravalle, o viboldone, chissá, ci accompagna da sopra i campi. Papaveri, mozziconi di boschi, una cava di sabbia. File di germogli, un coccodrillo blu in un campo da golf, giovani piante di granoturco, caseggiati popolari che si affiancano alla ferrovia, campanili di mattoni. Il Residence di Pieve. Una strada di campagna rialzata con le sponde coperte di papaveri.
Tutta vita, come ai vecchi tempi. Famagosta-Assago moltiplicato per infinito.
Mucche! é la stagione più bella, la barba verde dei campi é ancora corta, il rasoio passerà tra mesi. Anche senza la luce del sole - anzi, la strada che abbiamo appena incrociato era lucida di pioggia - la campagna del finestrino profuma delle mie vacanze in Veneto, di giri in bici sulle strade agricole, di pesci gatto nei fossi. La scorciatoia in mezzo alle piante di granoturco - piove, ora, e l'odore della terra bagnata entra in treno - che io ed Ilaria facevamo per andare ai Prai. Con tanto di travi insicure sopra i fossi da passare con un colpo ai pedali deciso, un occhio chiuso e l'insicurezza del cugino di città, tra l'altro più piccolo di due anni, non abituato alle avventure campestri.
Pavia, pausa urbana al paesaggio agricolo. Studenti e pendolari farciscono di se stessi un regionale. Ecomostri a forma di fungo protendono i terrazzi dell'ultimo piano verso la ferrovia, con un'aria squallida di edilizia sedicente di pregio.
Sui treni, quelli veri, la free press va poco. Ci sono i quotidiani veri, quelli che si deve decidere di leggere, che non capitano in mano allungati da giovani indiani con la pettorina. Se a Pavia passa il Po - non ci siam mai voluti tanto bene, io e la geografia - lo abbiamo appena attraversato. Vorrei vedere il Mississippi. Il Nilo. Capire cosa significhi fiume. Sotto pavia risaie come specchi riflettono il cielo grigio e la campagna. Non piove più.
Sbadiglio, ma fuori c'é il mio passato da obiettore viaggiatore, da studente senza l'obbligo di frequenza; c'é l'aria di vacanza del non aver timbrato.
Per la cronaca, il Po lo abbiamo passato ora, sul ponte ferroviario di metallo che si vede anche dall'autostrada. La seconda opzione è il Ticino, la terza Google.
Su entrambi i lati del treno boscaglia fitta, poi di nuovo campi e fattorie.
Davvero non posso dormire, né smettere di scrivere. Balle di fieno e gazze, il volo di uno stormo di uccelletti, alberi e tralicci isolati: quando mi ricapita? A Genova mi aspetta una versione edulcorata del quotidiano, ma ora sto viaggiando. Senza pesi - Un fagiano! - senza pesi come si dovrebbe sempre viaggiare. In treno, come si dovrebbe sempre viaggiare. Ai due capi della doppia linea di metallo ci sono obblighi, affetti, preoccupazioni e radici. Le rotaie isolano, come un hovercraft sollevano da terra.
Voghera. Finghé non è combledamente fermo, nessuno scenda. Questa non é allergia, é accento.
Sosta breve, ripartiamo piegati a sinistra. Voghera, complice il cielo imbronciato, ha l'aria squallida. Stamattina ho scartato l'idea di prendere un ombrello; se gli appennini non faranno come loro solito da spartiacque a questo cielo sempre più nero, avró ufficialmente fatto un grave errore.
Una carrozza su un binario morto aveva tutte le porte e le finestre sigillate con lastre di metallo. Inquietante. Per un attimo ho portato la fantasia al suo interno.
Controllore.
Che non mi ha chiesto nulla.
Per viaggiare gratis in treno basta avere la barba fatta e un blackberry. Sobrio, massimo un Curve, nero. All'arrivo del controllore si tocca qualche tasto, si sussurra un "ecco" e ci si mette con aria d'attesa e lo schermo un po' rivolto verso di lui. Non é la prima volta che capita, che non mi chieda nemmeno la penultima lettera.
I campi qui sono più avanti coi lavori, alcuni almeno. Altri fagiani pascolano su un campo in ritardo, non ne avevo mai visti cosí tanti. Anzi, di vivi, prima di qualche settimana fa, non ne avevo proprio mai visti.
Quadri di natura, design, pattern alternato di fieno già raccolto in balle, papaveri e verdura in crescita. Quanti bambini sanno ancora da dove arriva il pane? Il latte, le uova? Ci sarà ancora educazione tecnica alle medie? Qualcuno spiegherà ancora che non é merito del mago di Esselunga ma di quei contadini che ancora non hanno iniziato a coltivare pannelli fotovoltaici?
Prima galleria, la pianura é finita. Con il buio dal finestrino mi sento quasi più a mio agio.
Il mio dirimpettaio mette addosso una felpa bracalona, in effetti l'aria condizionata funziona.
Abbiamo appena lasciato sulla destra quelli che a tutti gli effetti sembravano scavi archeologici. Non capita quotidianamente, ma comunque ho percorso questa tratta diverse volte, avendo "casamadre" a Genova, ma stamattina continuo a scoprire cose mai notate.
Forse perché oggi sono sveglio, perché guardo e vedo.
Merci di bobine di acciaio, una massimo due per vagone, devono avere un peso incredibile.
8.25 pausa bberry impallato. Sperando che il più drastico dei metodi da karate kid, togli batteria, rimetti batteria, abbia funzionato. Mentre bb si riprendeva dall'intervento a cuore aperto e io leggevo Palahniuk, siamo entrati in montagna. Lunghe gallerie e boschi di un verde violento e inaccessibile. Per quel poco di cielo che vedo, lo spartiacque appenninico oggi non sembra funzionare. Mi ero immaginato Genova al sole. Non che cambi, stando otto ore in una sala riunioni a fare un corso su come influenzare i miei stakeholders. Sic. Ipnotismo aziendale. Condizionamento mentale istituzionalizzato. Torneró in grado di fare il pifferaio magico tra le scrivanie.
Dovremmo quasi esserci, ed é ufficiale che non ci sará il sole. Ecco l'autostrada sospesa sopra Genova, e un occhio di mare. Vecchioni in una sua canzone lo definisce "l'azzurro capovolto che riflette il cielo".
Se il cielo é azzurro. Altrimenti resta sí il cielo capovolto, e del cielo prende il colore.
Mi preparo, la prossima é la mia.