martedì 31 luglio 2012

CAMBIO DELLA GUARDIA

18.08 non volevo scrivere nulla, prova ne sia che siamo già in arrivo a Cadorna, ma é successo un fatto che non potevo tacere.
Piccola, infima cronaca a dire il vero, ma avvenuta proprio nel mio specifico ambiente, nell'acquario di cui provo a descrivere i pesci. Se sapessi di altri blogger della linea verde, lascerei loro la notizia, ma allo stato attuale risulto essere, a me stesso almeno, monopolista.
Hanno licenziato la Voce. Sostituita da una più giovane, misurata nel parlare, informata dei fatti e con migliore conoscenza della lingua inglese. Come dice questa "fourteen"... Oxford. E non commette più l'errore di tradurre "Fermata Garibaldi" in "Stop Garibaldi". Basta mandati d'arresto per le eminenze del passato cui Milano ha dedicato piazze e strade. La nuova Voce sa che a Romolo c'é lo Iulm, e che a S. Ambrogio c'é il museo della Scienza e della Tecnica. Te lo dice con lunghe pause, consonanti suadenti.
Il nuovo avanza molto più in fretta del vecchio che ha sostituito. D'altra parte la Milano di expo 2015 non poteva permettersi di avere una metropolitana irrisa dagli inglesi.
Anzi, mi sento anche un po' responsabile, la storia degli ordini di arresto la pensavo e l'ho detta.
La nuova Voce sa anche che a Piola c'é il politecnico. Avanti cent'anni, o almeno tre.

ABITUDINE

8.08 sott'acqua. Così ci si sente. Anche scrivere diventa difficile. Chinare il capo verso lo schermo comporta una piega della pelle del collo che in meno di un minuto ospita un rivolo. Tenere i gomiti vicino al corpo perché le braccia tengano in mano il blackberry mette a repentaglio la socialità dell'intera giornata con quello che comporta per le ascelle. Usare le mani per scrivere le distoglie dal servizio di pulizia della fronte.
Questa la logistica, ed è il meno.
L'argomento dello scrivere é pure peggio. è uguale a ieri, due giorni, una settimana, un mese fa. Mette caldo per la sua ripetitività. Ripetitivo era il commento, lapidario, di un 5 nel compito in classe di italiano. Io potrei non arrivare nemmeno al cinque. Rischio la nota di biasimo, potrei dar l'idea di farlo apposta. Finire in direzione.
La scrittura in questi casi é pura proiezione della biologia. In condizioni estreme l'organismo riduce al minimo l'attività, concentrandola sulle funzioni base, sulle routine strettamente necessarie. Lo svenimento é la versione umana della palla che fa il porcospino.
In queste condizioni scrivo come e quello che vivo. Cieco all'esterno, sordo, immobile. La prosa ne perde, ne guadagna l'organismo.
Butto un occhio fuori dal mio perimetro, abbiamo passato Famagosta. La socialità é compromessa, ma a breve mi tufferò nei venti gradi climatizzati dell'ufficio.

lunedì 30 luglio 2012

ERRORE

8.32 storia della corvee del divertimento, detta anche del weekend talmente organizzato che anziché riposare devasta.
Caiazzo. Mi guardo attorno con aria instupidita.
Sonno e mal di testa sono i miei compagni di viaggio. Gli altri, vaghi contorni di abiti chiari e maniche corte, sono solo batterie di calore che scaricano energia nell'aria.
Se in questi giorni dovessi andare in ufficio in giacca e cravatta, mi darei malato. Il solo pensiero aumenta il già copioso perlage della mia fronte.
Esclusi i blackout in macchina, ho chiuso gli occhi alle due e venti. Oggettivamente, qualcosa di sbagliato è avvenuto.
Garibaldi ci perderà. La gente è salita a tetris, lasciando non pochi pezzi ad aspettare il prossimo turno in banchina.
C'è la possibilità che io conosca la ragazza di cui intravedo la gonna color pesca in piedi vicino a me, ma detto tra noi non sono in grado di affrontare una conversazione sociale in questo momento. In più, é uscita dal mio campo visivo.
Se non bastasse, vedendola scendere a cadorna, poteva non essere lei.
S. Agostino, non dico che faccia fresco, ma temperatura e perlage sono migliorati.
Invidio le donne, per la varietà di abbigliamento che é loro concesso di indossare. Soprattutto d'estate. Io sono passato dallo scegliere quale camicia con quale cravatta e completo a quale polo con quali pantaloni lunghi. Magerrima consolazione.
Famagosta, si avvicina inesorabile il luogo in cui oggi ruberò lo stipendio fissando con aria assente un video.
Se posso elargire un consiglio, dal mare tornate presto, la domenica.

giovedì 26 luglio 2012

VAPORE

7.55 loreto. Non escludo la decisione drastica. Gioia sarebbe la fermata adatta. Potrei scendere lí ed aspettare finché non passa un Assago nuovo.
In questo per respirare servono le branchie, tra l'altro per respirare sudore, vapore acqueo altrui.
Centrale, é la fine. Gli spazi si riempiono, il momentaneo sollievo delle porte aperte lascia spazio alla nuova ondata di calore umano.
Al normale sforzo di sopravvivenza sto aggiungendo quello per limitare l'esplosione in avanti della mia pancia da beriberi, arrivata dopo queste ferie a livelli inaccettabili.
Garibaldi, il saldo entrate uscite chiude di nuovo in utile. Ma non é un bene, fare cassa di corpi. Moscova, Lanza, Cadorna. Tre fermate. Due, ora.
Come si può non palleggiarsi l'idea di andare in ufficio in macchina?
E se a Cadorna non si svuotasse? Non scherziamo. Ma se succedesse?
Ci siamo. Cadorna. Escono, escono! Sono seduto, ma abbassando la quota testa di 50 centimetri il tasso di umidità ha raggiunto livelli intollerabili. Si vive di refoli d'aria, ma sono pochi ed incostanti, intanto il corpo va avanti per i fatti suoi col mantice di aria ed acqua.
Ora il treno é quasi vuoto, ma ogni passeggero sembra aver lasciato la sua impronta, il suo decimo di grado, e fatti due rapidi calcoli tutti questi decimi fanno la morte.
Romolo. In piedi davanti a me, a metá vagone, c'é un uomo con stivali scamosciati chiari alti, a metá gamba. Non sono un esperto di moda, ma per me sono da donna. Ho guardato bene, per accertarmi che non fosse un miraggio. Non lo era.
Ultima tratta. Il riso é cresciuto in questa settimana e mezza.

martedì 24 luglio 2012

RISVEGLI

8.02 perdere le routine non é mai stato facile come settimana scorsa. Lontano. Qualsiasi cosa si é allontanata come se le settimane fossero state molte di più. I gesti di casa si sono fatti remoti, le questioni di lavoro una lontana eco. Le abitudini, lasciate a casa come vestiti da città.
Tra gli indumenti mentali accantonati, anche il blog (credo sia la prima volta che lo chiamo "blog"). Così é capitato che abbia viaggiato con la sensazione di aver dimenticato qualcosa; una specie di ronzio, fino a Cadorna.
Ê un peccato festeggiare i cento post con un'edizione d'emergenza tirata insieme nelle ultime fermate giusto per rompere il silenzio, ma il centesimo viaggio stava diventando una specie di maledizione, di blocco. Ansia da prestazione.
Quella che non mi tocca mentre mi avvicino all'ufficio con le mie centosessanta e spicci emal da leggere.
Si ricomincia

giovedì 12 luglio 2012

COUNTDOWN


7.06 come ai tempi di Bernareggio, con conseguenze minori, il tempismo é essenziale. Presi singolarmente i gesti non eseguiti alla perfezione sono quasi invisibili, questione di pochi secondi.
4 minuti di posponi alla sveglia.
40 secondi di coccole in più a letto.
10 di disorientamento in cucina perché gli occhi non si aprono.
40 a cercare il colino dell'arancia che non è al solito posto.
5 a decidere tra i biscotti e il pane e nutella, perché sai che entrambe le confezioni sono da aprire.
2 a prendere le forbici.
10 ad aprire il vasetto nuovo di nutella.
30 perché hai la pensata di pulire il vecchio vasetto col caffelatte caldo.
5 perché il dentifricio é agli sgoccioli.
20 perché hai il cellulare, che fa da torcia mentre rovisti nei cassetti, nella mano sinistra anziché nella destra.
40 perché, infastidito dalle calze blu e nere ormai indistinguibili tra loro, le prendi in blocco, le dividi in cabina armadio e le rimetti nel cassetto. Constatando peraltro che le blu sono diventate una minoranza etnica prossima all'estinzione.
20 secondi li spendi per un supplemento di indecisione nello scegliere i pantaloni, 3 a salutare il vicino che incroci sulle scale, qualcosa lo butti via camminando più lentamente in via Ampere perché guardi le bancarelle.
Non serve neanche fare le somme, i numeri sono tali e tanti che non puoi nemmeno dire qualcosa se prendi quasi al volo il treno delle 7.06, che sai bene viaggi già al di là della linea di confine dell'alba. Un passo per volta hai perso il vantaggio sulla marea umana montante, come succedeva a Bernareggio.
Ogni box una sorgente, ogni vialetto un ruscello, poi le vie dei quartieri residenziali, i primi semafori a compattare i flussi, le vie centrali dei paesi, poi le provinciali. Sempre più pressione, sempre più volume. Prima invisibili puntini, poi innocue file di poche auto, fino a sfociare schiumanti in tangenziale.
Stare davanti allo tsunami di forza lavoro, oppure finirci nel mezzo, era pura questione di coordinamento dei movimenti.
Che poi sia disumano, scendere dal letto direttamente su una linea di produzione, è esattamente uno di quei pensieri che fanno perdere quei secondi vitali.
Sono fuori, verso assago, cerco Bowie.
Eccolo! Dopo aver visto un elicottero, ieri mattina, che spargeva sui campi non so quale prodotto, le speranze erano al minimo.
Invece era lí, un profilo agile contro il verde della risaia. Non ho la controprova, ma se avessi spaccato il minuto forse non lo avrei visto.

mercoledì 11 luglio 2012

KARMA

18.55 word mole ha crashato. Un gioco del blackberry non crasha. Non a caso.
Lo fa ad esempio per farmi ricordare di scrivere anziché drogarmi il cervello.
Non si occupa poi delle conseguenze, come ad esempio avere un argomento che non sia il caldo, la gente stanca, le donne vestite estive, la voce amica (che su questo treno al vapore non c'é).
La modulazione per magia passa da 8 a 14 bit, dice un - ad occhio e croce - studente di informatica in bermuda militari e tshirt.
Avevo sulla mia carrozza, fino a poco fa, una collega. Era anche in banchina. Parlava al telefono. Avevo voglia di scrivere. Insomma non ci siamo nemmeno salutati. Non é nemmeno il primo episodio travisabile per reciproca antipatia. A volte certe chine si imboccano così.
Una ragazza in vestitino verde é scivolata lungo i suoi sandali fino a toccare il pavimento del treno con le dita smaltate di rosa, mentre i talloni poggiano ridicoli a metà del plantare.
Plantare, eh? Hat trick direi, proprietà di linguaggio nel descrivere l'abbigliamento! Volevo azzardare che i sandali a scivolo hanno il plateau, ma non esageriamo.
Scrivo frenetico, Moscova é arrivata in un attimo.
Un nano canuto in brache corte parla con la spalla della spilungona in abito a fiori che gli siede di fianco. Forse non é nemmeno cosí basso, solo ingobbito, ma tant'é, fa lo splendido col bicipite di lei che si china per parlargli.
Un suonatore di fisarmonica ci allieta con un brano suonato al doppio della velocità consentita, una donna in jeans salita con me ad assago per poco non si perdeva la sua fermata. Gioia.
Il fisarmonicista gira, un ragazzo giovane ed alto in polo rossa, scende in centrale.
Il treno al vapore si scalda, continua. Movimenti piccoli, pensieri piccoli, respiri brevi. Non basta ma aiuta.
Il seduttore di spalle e la sua preda continuano a parlare, lei si aggiusta i capelli dietro l'orecchio sinistro e sorride. Funziona. Ha già funzionato tempo fa, mi sa, visto che lui, guadagnando qualche centimetro, le ha schioccato un bacio sulla guancia.
Anche se in effetti la guancia...
Piola, che il macchinista ha mancato di mezza carrozza, sarebbe la mia, ma stasera ho un supplemento di sofferenza.
Non posso più alzare le braccia.
Arriverò alla porta senza appendermi al corrimano, buona fortuna.

AMNESIA


6.59 tra due minuti passa un altro Abbiategrasso, e questo non va bene. Ho iniziato prima perché, dopo quattro giorni di viaggi in auto, percepiti come sei, volevo spiegare la lunga assenza, e sgranchire le dita. Arriva il secondo Abbiategrasso, atelier di urban art.
In banchina conto tre persone, come i minuti di attesa per il mio treno. Una ragazza in jeans e stivali neri mi passa davanti soffiandosi il naso.
Uno per volta arrivano nuovi passeggeri.
Non voglio esagerare, ma uno dei motivi per cui stamattina non ho preso l'auto é stato scrivere. Due giorni fa, imboccando la tangenziale, stavo valutando di registrare una nota vocale durante il viaggio e trascriverla nel blog.
Sono a bordo, intanto, in un treno nuovo, con miss Voce e tutto il resto.
Mi mancavo, insomma.
Per quanto mi mancasse anche la tangenziale di mattina, da molto più tempo però.
Le persone grasse fanno tenerezza a prima vista. Possono essere le peggiori persone della terra, ma si fa l'elemosina più volentieri, il che a pensarci é paradossale, ad un mendicante grasso. Se poi ha la barba devi mettere il blocco alle portiere per non scendere ad abbracciarlo.
Il ciccione con la maglia viola tesa in stadi sovrapposti di adipe, che mi sedeva davanti con aria instupidita, faceva proprio questo effetto.
Gioia, fermata Gioia. Scontro tra Voci. In stazione, più laconica e chiaramente più matura di diversi anni, la Voce della stazione, ribadisce il concetto della giovane Voce del treno, ricordando, a differenza sua, dove il treno sia diretto.
In macchina ammetto che non mi manchi una sola cosa di quelle che viaggiano qui sotto. Una.
Una manca in effetti, il chilometro tra famagosta ed Assago. Con le sue promesse di vita selvatica. Manca Bowie. Bowie? Non sono sicurissimo di averlo battezzato così.
Cadorna. Sedile d'angolo.
Voce scimmiotta le parenti inglesi, ma secondo me non é mai stata sul tube. Io non ci metto piede, se sto facendo bene i conti, da quasi dieci anni, ma sono quasi certo che le voci britanniche, in arrivo in stazione, non dicano "stop Sant'Agostino". Sintetico é sintetico, l'inglese, ma ha anche una grammatica, e stop sant'agostino é un ordine di arresto.
Servirebbe un passeggero britannico per chiedere conferma, ma sono quasi certo che nelle traduzioni manchino i verbi.
Famagosta si avvicina, e i miei propositi di verificare la mia tesi aspettano giusto una fermata, per carineria, prima di sparire nel deserto dei progetti sospesi.
Vado a cercare Bowie, mi capirete, non lo vedo da un po'.
Bemtornato, me.

mercoledì 4 luglio 2012

HAIKU

20.13 questa sera di luglio, nell'imminenza del temporale, la gente sembra triste. Come fosse settembre.
[ndr: scritta su un 23 che avrebbe dovuto andare in piazza Leonardo da Vinci ma ha puntato dritto all'Ortica. Mentre l'imminenza diventava sostanza]

RABBIA

7.05 8 minuti otto di attesa in banchina per aver tardato di un minuto, ed ecco il mio carro bestiame. Sono entrato masticando insulti, sempre più rabbiosi ad ogni vagone affollato che mi sfilava davanti. Fino al mio, maledetta sauna, in cui assisto ad un dialogo tra non meglio definiti addetti atm - gilet "tattico", leggi da pescatore, blu con logo - sulle nuove tratte di metropolitana in costruzione/progettazione/intenzione.
Andate avanti, trapanate il suolo di Milano, e poi iniettate dentro questa vecchia linfa ferrosa, maleodorante e calda. Ridipingetela ogni tanto, imbellettatela, sapendo che nei depositi i writers probabilmente ci abitano ed hanno armadietti in cui tengono i colori.
Ok, sto diventando un vecchio da buca dell'Enel. Chiudo. A Garibaldi.

martedì 3 luglio 2012

RITORNO AL RITORNO

19.15 l'ultimo sole ha smesso un istante fa di scaldarmi il coppino, ora mi godo il fresco del treno - quello bello, quello nuovo, quello con la voce amica! - e mi regalo, dopo tanto tempo, un ritorno annotato.
Non ho fatto una verifica esatta, ma a sensazione non scrivevo durante un viaggio di ritorno da diverso tempo.
Con le scuse più banali, accettando con indulgenza la scusa della stanchezza fisica, anche in giorni da sindacalista, 8-17.
S. Agostino, al ritorno ha tutto un altro aspetto. La gente che sale e scende ha meno fretta, qualcuno accenna persino un sorriso al nulla.
Cadorna, stiamo facendo il tempone. Nulla in confronto alle andate in cui mi drogo di clever driver, che ha sostituito angry birds. Quello che conta é spegnere il cervello con rompicapi autistici, e in un attimo si sbuca all'aria aperta.
Moscova, Voceamica non ha molto da dirci sulla fermata. Prende fiato per descriverci Garibaldieffeesse, lì sì che ci si connette alla grande con le linee interurbane più folli.
Ho due regazzini seduti vicino, la ragazzetta cicciottella nel weekend é stata da Wedra.. Incredibile che certi soprannomi abbiano fatto il salto di generazione, anche io avevo un Wedra. Non andavo a trovarlo nel weekend, anzi, era solo un nome che girava in oratorio.
Una ragazza pesca inveisce con la mamma arancione, faccia a faccia sono identiche, al di là del colore e del taglio dei loro abitini estivi.
Io intanto ricevo sms in sottofondo, e scrivo un po' qui un po' là.
Incompiuto. Stamattina, che non è ieri sera, in cabina armadio mi é venuto il dubbio. Non ho chiuso il ritorno, l'ho perso verso Caiazzo, credo.
Lo chiudo postumo ora, camminando in una via Ampere in cui, tolto me, ci sono solo merli e rondini.

lunedì 2 luglio 2012

SOPRAVVIVERE

7.13 Gioia. La fermata.
Gonfio di acqua frizzante.
Circondato di quella che mia mamma chiama "umanità dolente". La stessa che, nonostante l'ora, ci regala in abbondanza la consueta Garibaldi.
Un signore sulla settantina ha una felpa color mattone buttata sulle spalle.
Sic. Non credo sia un miraggio. Porta mocassini senza calze e una tshirt sdrucita blu marina.
E tiene una felpa addosso.
Se qualcuno rispondesse, parlerei anche. Ma appunto parlare non é scrivere, quindi cazzeggio sul tema.
Cadorna, speravo di guadagnarmi l'angolo e invece il mio corpulento e sonnolento compagno di viaggio mi accompagna ancora per un po'.
Di nuovo il cappello da cocainomane di corso Como. Salito a Cadorna. Non so né riesco a ricordare se sotto abbia la stessa persona, ma il cappello é inconfondibile.
Potrei essere costretto a decidere di muovermi in macchina finché non passa questo caldo. Sperare che i treni cambino temperatura é pia illusione. Svegliarmi prima delle sei autolesionismo. D'accordo, oggi ho perso il 6.55, ma qui non é la massa umana a fare la temperatura.
Incrocio due volte lo sguardo critico di una donna troppo magra e anta per permettersi la minigonna nera, le scarpe con taccazzo da cubista e la canotta bianca che indossa. Le gambe sono magrissime, quasi deformi.
Stamattina le porte assordano col fischio pneumatico della chiusura.
Per fortuna questa era l'ultima.
Vediamo se l'afa ha cacciato Bowie. Il sole dopo Famagosta è già caldo.
Solo riso, peccato.