mercoledì 27 febbraio 2013

RECLUSI

7.59 i lembi di terra cinti ed assediati dall'asfalto ogni mattina, quando esco all'aria di famagosta, muovono in me qualcosa.
Pezzi di campagna ormai minuscoli, sporchi di rifiuti, costretti tra l'autostrada e la massicciata del treno.
Un tempo qui era tutta campagna. Mi angoscia non avere un luogo dove spingere lo sguardo in avanti senza trovare tracce umane.

martedì 26 febbraio 2013

PELUCHE



7.35 a sua discolpa ha la non più giovane età, il resto purtroppo non ha sconti.
Iniziando dal tenere la voce alta al telefono a quest'ora di mattina.
Cui aggiunge un'analisi del risultato elettorale a base di idiozie. Snocciolate con un vocino da contralto raffreddato. Per fortuna dopo aver evocato il fantasma della Grecia sul nostro paese ha chiuso la telefonata. Avevo già da un po' iniziato a masticare risposte alle sue brillanti conclusioni e non escludevo di alzare il volume e parlarle. Forse mi si é inimicata con l'esordio "gli italiani non sono normali", lei che di accenti, e fattezze, stranieri non ne sembra dimostrare. Svizzera, magari. In metropolitana alle sette a Milano per motivi umanitari.
Dopo questa premessa programmatica ha poi constatato il parere negativo dell'"Europa", moloch onnisciente, sul risultato del voto, deprecando l'interferenza di Grillo - "almeno non si fosse presentato lui" - confidando tuttavia in un ballottaggio - sic.
Un ballottaggio alle nazionali.
Ora legge serena un libro dalla copertina verde e azzurro cielo con un titolo illeggibile in sottili caratteri a volute. Ad occhio e croce un maniale di meditazione aiurvedica. Qualcosa sulle energie della natura in salsa feng shui.
Pilcher, l'unica parola che riesco a leggere, deve essere l'autore. Voci e qualcosa, mi informerò.
Tornoa fruit ninja mentre il treno sferraglia verso Famagosta.

venerdì 22 febbraio 2013

MUSICI

14.56 treno di musica. Di quelli nuovi, così da riuscire a sentire ancora i due violinisti, di cui non ho nemmeno visto le facce, mentre si avvicina, direi, un terzetto gitano.
Fisarmonica, chitarra e flauto, può essere?
Ritmi zingari, forse é questa la cultura rom che Pisapia voleva promuovere? é lui che ha aggregato i vecchi musicisti solitari in bands? Joint ventures di mendicanti virtuosi, che percorrono il treno a distanza di due o tre vagoni. Dieci ore di concerti ondeggianti, come le orchestre dei piroscafi.
Questi li conosco, e il flauto era un sax. Il chitarrista, da viso tondo e i tondi occhiali, a volte gira da solo accompagnandosi con un lettore mp3 amplificato. Evoluzione. Investimenti.
Piola, i freni coprono le ultime note.

giovedì 21 febbraio 2013

LOCK IN

7.37 mercato sotto la neve e grossi fiocchi sul display. Il giaccone maculato dalla neve bagnata e frutta e verdura spaesate dall'inverno che non molla la presa.
Treno per Abbiategrasso, vado comodamente alla mia panchina mentre le prime linee dei pendolari salgono.

7.45 treno per Assago. Ora da studenti e da gente che dorme.
Chiacchiere sguaiate, sorrisi segreti, letture palmari, sguardi vacui.
Io scrivo. Senza aver ancora trovato un modo per fare uscire da qui le mie parole.
In fondo, non è essenziale. Pubblicare, intendo. Apparire dove mi si possa leggere. Ho sempre scritto per me.
Gioia, una fermata che potrebbe essere soppressa, se i volumi di passeggeri di quest'ora sono un campione consistente - unico concetto di statistica che mi sia rimasto attaccato, la consistenza del campione.
Vorrei davvero saper descrivere, come in foto, ogni volto ed ogni persona. Colori, espressioni del viso, ognuno lascia un'impressione.
In banchina a Moscova, prima che arrivasse il treno, un ragazzo ha cercato e preso la mano del - fratello? - che aspettava ciondolando al suo fianco. Pochi secondi.
A volte sono i pensieri, o i non pensieri, che affiorano sulla superficie dei volti. Impressioni, istanti in cui il velo si scopre e per una frazione di secondo si ha accesso ad un'altra vita. Sant'Agostino, annunci in banchina.
Il pensiero del numero di vite che si incrociano, della complessità infinita di ognuna di esse, é enorme. Rende ancora più grande la coscienza della solitudine di ognuno.
Non basta una vita a conoscere altro che la propria. Al meglio, si arriva a conoscerne un'altra, o una parte accettabile della stessa.
Un campione consistente.

mercoledì 20 febbraio 2013

RISVEGLIO


7.22 via Ampere. Tolto il diesel rombante di un non meglio definito autobus alla fermata, fino a poco fa i miei passi avevano un suono. Tutto loro.
Questo mi ha spinto a scrivere, il silenzio delle strade. Non so ancora nemmeno come far uscire quello che scrivo dal bberry ormai senza connessione, mi ingegneró.
La sensazione lunare delle strade ancora vuote, dello spazio lasciato al suono dei miei passi aveva necessità di essere scritta.
Gioia. Porte a sinistra. Volevo cedere il mio posto al figlio di una corpulenta signora sudamericana, ma sono scesi in Centrale. Aveva il bimbo in braccio quando sono salito; a Loreto, vedendo dei passeggeri alzarsi, lo ha messo a terra dicendo, in maniera udibile, di andare a sedersi. L'ho sentito io, come lo hanno sentito gli adulti che hanno occupato i posti. In particolare uno, viso affilato e occhialetti col cordino - é ancora a bordo, legge placido il suo free press. Ha preso il posto, e ha guardato il bimbo. Il piccolo e la mamma parlavano italiano, non aveva scuse.
Pensavo che essendo piccolo avresti trovato posto a sedere, ha detto lei, a voce lievemente più alta.
Due volte, con variazioni sul tema.
Due volte lui ha guardato il bimbo, senza muoversi. Non c'era disprezzo, anzi forse attenzione, nel suo sguardo. Non affetto, né evidentemente compassione, visto che comunque non si é mosso. Ma perché guardare il bambino? Cosa siamo, in questa città?
È tardi per dire diventati. Siamo. Dal vicino che non saluta al mio compagno di viaggio.
Non sono ancora a Porta Genova, ma ho una cosa da leggere, nella tasca del cappotto.