venerdì 27 aprile 2012

SODO

16.40 il fatto che io abbia la possibilitá di fare gli affari miei il venerdì pomeriggio spesso si risolve nel nervoso per non approfittare di questo privilegio.
Essere a quest'ora su un treno che porta in ufficio, appunto, appartiene a pieno titolo a quello spesso di cui sopra.
Parlavo del bisogno umano di gente vera, di tessuto urbano.
Tegola: circolazione da Famagosta ad Assago Forum interrotta per guasto tecnico: e io come la recupero la macchina?
Cade a fagiolo, la tegola. Lavorando in una città, ci sono diverse strade che portano in un luogo, diversi modi per raggiungerlo. Ad Assago ci si va solo con la metropolitana verde.
Al di là della tegola, in cittá gira la gente, e vedere la gente é una necessità fisica. Non te ne accorgi finché non riassapori la sensazione di camminare per strada in quella che può a tutti gli effetti essere equiparabile ad una pausa pranzo. Non solo le persone, ma i negozi sono veri, i marciapiedi, i semafori, le grate delle metro sotto i piedi. I piccioni.
Per non parlare delle persone ovviamente; guardarle e pensare che passano di lí, per caso, che non tutti ci lavorano, che non tutti lavorano.
Potrei dilungarmi, se non dovessi affrontare il fatto di essere bloccato in Famagosta senza modo di raggiungere non per forza l'ufficio, ma almeno la mia auto.

UOVO

15.47 chi mi segue ed ha letto il post di oltre due ore fa può immaginare in che stato mi trovi dopo un'ora e mezza, scontati convenevoli ed annessi, di cucina cinese.
Cinese seria, a tratti ho avuto delle reeminiscenze pechinesi. Ad altri tratti la sensazione che il boccone successivo mi avrebbe ucciso.
Nei tratti attuali le sensazioni sono due. Quella imminente è che se non faccio pipì entro un minuto mi esplode la vescica. La sensazione trascendente é che un essere umano abbia bisogno di gente come dell'aria. Lo spiego dopo la pausa in lanza.

SENZA BORSA

13.17 mancano evidentemente dei passaggi. Letteralmente, intendo. Manca il ritorno di ieri, essenzialmente perche non avevo voglia, e l'andata di oggi. Perché l'ho fatta in macchina. Persino questo non é un vero ritorno, considerando che lo sto facendo in metropolitana, ma la macchina la dovrò pur portare a casa.
A Romolo sono salite, tra le altre persone, una moretta senza pantaloni e una ragazza appena uscita da una doccia di profumo, peraltro terribile, che ha pensato bene di sedersi di fianco a me, saturando l'aria a mia disposizione. Avevo sentito bene, torna ad Arezzo da suo papà per qualche giorno. Ne ho avuto conferma dall'accento toscano che ha estratto da sopra lo stridio del treno durante la telefonata.
Quanti spruzzi servono per arrivare ad avere questo odore? Perché per violentare le narici altrui in questa maniera una persona deve avere avuto un momento in cui, nel segreto della sua casina, ha premuto, direi con l'indice, il diffusore.
Quante volte? Una, due, tre. Lo senti, te lo senti addosso. Quattro. Cinque. Sei? Massí facciamo sei! Sette? No, dai, si sente.
Si sentiva anche dopo due, secondo me. Con quello che costano i profumi, poi!
D'altra parte se una scende ad Arezzo a trovare solo papà, magari non ha fratelli ed é la gioia dei suoi occhi, che compensi la mancanza della moglie, eventualmente per quegli aspetti che la nuova compagna non può compensare.
Sta seduta "in pizzo" al sedile, ma la cosa non allevia le sofferenze del mio olfatto ottuso dai suoi effluvi fruttati.
Sto andando ad un pranzo di lavoro, con un agente.
Quando stira la schiena, la profumaia, non l'agente, ho l'istinto di tirarmi dritto anche io. Peggio che gli sbadigli.
Bel treno, quello dell'una. Tanta gente, strana colorata e chiassosa. I treni degli impiegati sono così grigi e ripetitivi.

giovedì 26 aprile 2012

APNEA

8.02 non respiro. Sono passato per il mercato di Ampere senza nemmeno sentire l'odore dei polli allo spiedo. Ora sono seduto, e scrivo negli intervalli che mi concede il naso, anche perché guardare verso il basso, verso lo schermo, non aiuta..
La testa é un pallone immerso. Aspetto che antistaminico e spray facciano effetto. Il primo dà sonnolenza, il secondo dipendenza. Non sono questi gli effetti che mi aspetto, ma vanno tenuti in considerazione.
Pausa. 3 sms. Tanti.
Lanza, stamattina treno e tempo volano. Davanti a me, ad altezza sguardo, paio di ballerine rosa con dentro piedi abbronzati. Tanto abbronzati. Scarpe piedi ed abbronzatura sono scesi a Cadorna.
La pausa di ieri ha intaccato i bioritmi; invece che riposare, ha aumentato la stanchezza. Io non faccio testo, impegnato come sono a fronteggiare la morte - definitiva - della mia illusione di aver chiuso con l'allergia.
Vorrei poter fotografare certi passeggeri, i dettagi che attraggono per un istante la mia attenzione, come i mocassini rossi e bianchi della ragazzetta grassoccia seduta a metà vagone, o il bordo sdrucito del cappotto della ragazza dell'est che a Romolo ha visto una sua amica in banchina, ha provato a chiamarla due volte prima di scendere a salutarla rinunciando al treno. Accea, può essere un nome di donna?
Sole abbagliante dopo Famagosta, il treno sbuffa due volte e rallenta il passo. Pausa. Per ora nessun effetto dai farmaci.
Non ho più visto la lepre,nel prato sulla destra della ferrovia. La cerco quasi sempre, almeno con uno sguardo.

martedì 24 aprile 2012

GIORNO DI NUMERACCI

19.32 bisogna sempre sperare nel malfunzionamento delle porte pneumatiche. I treni sono vecchi, ieri uno ha perso due vagoni tra Famagosta ed Abbiategrasso. Se ci si arrende senza provarci ci si perde l'epico, che si nasconde anche nel quotidiano di un senior bonding underwriter.
Quindi ricorda: se camminando verso la fermata della metropolitana vedi altri impiegati accennare una corsetta, se guardando a sinistra vedi il treno entrare in stazione, non disperare ma inizia a correre. Se arrivi al tornello ed affianchi un tuo collega, e passando il tornello stesso vedi che il treno ha già aperto le porte, non disperare ma supera il collega e continua a correre. Se scendendo le scale sei ancora a metà rampa quando senti la sirena che annuncia la chiusura delle porte, non disperare e vai avanti: é proprio quello il momento in cui il meccanismo pneumatico delle porte scorrevoli, in servizio dal 1983 e revisionato senza sostituirlo, subisce lo stress massimo. Da giovane avrebbe chiuso senza esitazioni; oggi, con l'umidità della pioggia appena caduta, sente tutti gli acciacchi dell'età. Se anche ha chiuso, tu mettiti davanti alla porta e aspetta il fischio dell'aria compressa. Magari arriva, e tu ti infili dentro, evitando di aspettare venti minuti il prossimo treno. Se entri solo tu e il borsone resta fuori, certo, quello può essere un problema, ma basta fare resistenza allo stesso sistema pneumatico che hai appena sconfitto. E' solo un gesto di orgoglio, il canto del cigno, un colpo di coda. Vedrai che capitolerà, permettendoti non solo di imbarcare il borsone che per un attimo hai visto farsi la tratta Assago Famagosta outdoor (e già valutavi se il tunnel sarebbe stato largo abbastanza, se la cinghia avrebbe tenuto, se qualche segnale fisso lungo la massicciata non ti avrebbe strappato di mano tutto il tuo kit da palestra).
Salirai tu, salirà il borsone, salirà anche il collega che non ci aveva creduto. E che magari si complimenterà con te per l'audacia. E ti saluterà chiamandoti per nome, quando scenderà dal treno.
Dando una possibilità alla speranza, avrai concesso all'epico delle piccole cose di fare capolino in una giornata di sole e grandine.

COLPACCIO

7.54 l'orario di salita, ma prima di scrivere ho dovuto pensare alla sopravvivenza.
Il treno per Abbiategrasso, passato mentre ancora scendevo le scale, aveva i vetri appannati, il mio no ma una rapida stima di temperatura, umidità e densità di popolazione mi ha convinto che in piedi, con l'ombrello e tutto il resto non sarei sopravvissuto.
Un moto migratorio eccezionale a Loreto mi ha salvato la vita.
Ombrello, borsa, giacca e barbour e allergia, da aggiungere. La ressa che sta salendo a Garibaldi mi avrebbe steso. Pausa allergica. Maledizione.
Moscova. Se non fa effetto lo spray é tempo di Zirtec. Ma se ora, col freddo e la pioggia costante da una settimana, é tempo di antistaminico, quando inizieranno caldo e fioriture cosa faró? Meglio non pensarci.
Cadorna, solito cambio.
Un signore con la evve sostiene che non dovrò aspettare molto per conoscere il mio destino; annuncia l'arrivo domani di trenta gradi e di un tornado. Connubio non facile.
Altra pausa allergica, altra maledizione.
Che domani piovano zolle d'acqua bollente o meno, oggi sta iniziando male. Non fumo da quasi tre anni, e mi ero piamente illuso che, come era arrivata col fumo, l'allergia col fumo se ne andasse.
Porta Genova si porta via la biondina che ha tenuto le mani conserte per tutto il viaggio. Giunte, conserte sono le braccia. A volte mi terrorizza non trovare il vuoto dove una volta avevo termini di uso comune.
Giunte o conserte, mi hanno ricordato che la mia assiduità nella preghiera è tornata nella sua palude di intenzioni e rimpianti, coraggiosi aneliti e fallimenti.
Fuori, la torre di Rozzano é fuori vista, sparita in un nero minaccioso. I campi sembrano risaie, le risaie saranno laghi. Se ne vedono, dalla macchinetta del caffè.
La pioggia sferza i finestrini, un signore in cappello impermeabile e stansmith nuove si guarda attorno incerto, deve essere la sua prima volta qui.
Assago é la mia, la sua, credo, non la conosce nemmeno lui

lunedì 23 aprile 2012

CANNONATA

19.33 una cannonata ha appena impattato sulle fragili mura dell'azienda per cui lavoro. Pensare che, in questo momento, persone come me stanno andando a casa con la mente frastornata da un pensiero, tanto più angosciante quanto ancora indefinito, mi fa sentire fortunato ma anche assillato dal pensiero che sarebbe potuto toccare a me.
Mi chiederei innanzitutto quando, poi come, ed entrambe le domande sarebbero cosí tremende nella mia mente da togliere il fiato.
Luoghi, abitudini, volti, improvvisamente da archiviare.
La colazione preparata a Pepper: prima fuori dallo stipetto alto caffettiera e gavettino del latte, poi dal frigo latte, caffè, acqua frizzante e un'arancia. Dallo stipetto dei biscotti il bicchiere, dopo aver messo il mezzo Cebion, spezzandolo a metà. Acqua gasata nel bicchiere, latte nel gavettino. Acqua del rubinetto nel sifone della caffettiera, caffé sperando almeno stavolta di non buttarne in giro. Caffé sul fornello vicino, latte sull'altro. Tac tac! Accendigas e fiamma. Abbassata, alta non serve. Dall'asciugapiatti lo spremiagrumi, due pezzi, montati, e il colino. Coltello per tagliare l'arancia, spremuta...
Via! Sparito. Un'email, e il rito muore. Per sempre, o per un tempo abbastanza lungo da essere equiparabile a per sempre, per quello che ne so.
Dirlo a casa. Cosa, innanzitutto? Con che parole? E poi quando? Stasera o domani? In primo luogo NON ho perso il lavoro, stai tranquilla. Questo é importante, no? Il resto è cornice.
E poi? Cosa ti racconterei? Sai l'azienda... Efficacia, efficienza... Sì ma in pratica? Pensa che mi va, ci va ancora bene. Quelli di Padova, e poi le mamme coi bambini piccoli... Incalzeresti, ci mancherebbe.
La parola che cerco, la parola che temi, che pronunciata cambierà anche il tuo di mondo. Trasferimento.

MINACCIOSO

8.31 il cielo minaccia pioggia, lo dicevano anche le rondini stamattina durante il lungo risveglio.
La cosa, una volta arrivato in Piola, non mi tange, i tratti di strada sotto il cielo sono finiti, ad Assago me la cavo con le grondaie.
Mi guardo intorno e non c'é paragone; ieri ho preso la metropolitana nel pomeriggio e sembrava il parto di un artista nahif, un caleidoscopio di personaggi colorati, chiassosi, sgargianti. Sarebbe servito un ritratto per ognuno.
A Centrale sale gente grigia, occhi pesanti, viene voglia di cambiare oggetto, di mollare il colpo.
Mi sono seduto tra Gioia e Garibaldi, appena in tempo per evitare la ressa. Con uno scossone il treno ricorda a tutti quelli in piedi l'utilità di reggersi agli appositi sostegni. Poi rallenta.
Forse é colpa del lunedì, col suo profumo di weekend che si affievolisce. Chi vorrebbe essere qui, anche dovesse avere alle spalle la peggior domenica della storia? Persino i milanisti e i romanisti preferirebbero essere a casa.
Lanza, si va a rilento. La ragazza alla mia sinistra, a cui ho dato un mezzo pestone sedendomi, é raffreddata, l'uomo in impermeabile alla mia destra sposato e in lieve sovrappeso, come fanno capire le sue dita grassocce.
Cadorna, ho preso il posto della raffreddata. Di fronte a me una signora con un affilatissimo ombrello arancione e una pettinatura a fungo anni 60 legge senza ritegno il Leggo della vicina.
In piedi alla mia sinistra un uomo sulla sessantina tiene in mano una ventiquattrore di cuoio che, dall'aspetto, lo accompagna da una vita. Tiene un dito ossuto sul bordo, come se le cerniere di metallo a scatto non fossero più tanto sicure. Prima, per un attimo, mi é sembrato di averlo visto sorridere, per qualche suo pensiero passeggero.
E' appena sceso a Romolo.
8.53 abbiamo finalmente una velocità di crociera decente, ma sono al pelo per il favore a Pepper. A Famagosta una voce femminile dal tono puntiglioso ha annunciato l'interruzione della tratta verso Abbiategrasso, ed il belloccio che sentivo parlare al telefono di etica sul lavoro si è reso conto di essere sul treno sbagliato. Ora, fuori terra, si guarda attorno dissimulando il disagio.
Cielo grigio, luce metallica. Si comincia.

venerdì 20 aprile 2012

FUORI STAGIONE

16.59 meglio tardi che mai, torno a casa. Scrivo da Famagosta perché ho dovuto scongiurare un dramma domestico. Paola stava per interrompere in fase di cottura un panettone.
Frustrata dal tradimento del distributore di frutta secca che non ha rilasciato le uvette nell'impasto, era in procinto di staccar la spina e condannarci a togliere pasta semicotta dalla macchina del pane per tutta sera. L'ho convinta a salvargli la vita e a chiamarlo "panettone di primavera", senza canditi e senza uvette.
Il borsone é seduto di fianco a me, e anziché contenere il consueto accappatoio posseduto dal demone della puzza, stasera trasporta il motivo per cui ho saltato la palestra e sono uscito così tardi dall'ufficio - per un assicuratore uscire alle cinque di venerdí vuol dire uscire tardi, che questo piaccia o meno agli impiegati standard.
S. Ambrogio, un microbimbo vagisce in braccio alla sua minimamma mentre un toscano telefona ad alta voce, compensando col suo accento almeno un po' del fastidio di sentire la sua voce sopra il brusio del treno.
Seguendo i miei pensieri, ho lasciato il borsone e il suo contenuto indietro... Oggi, a tredici mesi e otto giorni dal fausto giorno del mio matrimonio, ho finito di preparare il regalo per la mia testimone Chiara. Ne rimane uno solo, ma il destinatario, col fatto di vivere in Cina, mi fornisce il migliore degli alibi per giustificare il ritardo nei lavori.
Potevo regalare un vaso d'argento, un carillon di ceramica, un colosseo di gesso segnatempo, e invece ho voluto complicarmi la vita. Sia chiaro, non servivano 13 mesi per fare il regalo che ho scelto, sono io che sono lento, e rimando, ma se si fosse trattato di comprare un oggetto non ci avrei messo cosí tanto. Qualche mese, magari..
Gioia, il mio vicino mezzo in tuta ascolta musica latino americana tenendo il tempo con un dito. Magari sono io che non approfondisco e non colgo le sfumature, ma ha la stessa varietà dei templi di Pechino.
E' sceso a Centrale, non ho avuto tempo di sentire il terzo brano, ma mi sono fatto un'idea di come sarebbe suonato.
Caiazzo, meno due. La settimana è a due fermate dalla sua fine.

ROVESCIO

8.30 piccola variazione sul tema che mi ha fatto salire a Centrale.
Apertura porte a destra, come ben sa la signorina Voce. Disorientamento per chi ha abitudini talmente radicate da doversi ricordare, quando si muove non per lavoro, che non sta andando al lavoro.
Tra questo, il freddo, la pioggia, la variazione sul tema - riportare al mittente un'auto noleggiata - la gente, il sonno, l'ombrello che in metropolitana diventa l'oggetto più ingombrante, instabile ed inutile dell'universo ho trovato solo ora, a Sant'Agostino, un minimo di equilibrio, non essendomi bastato nemmeno il posto a sedere per riportare ordine nella mattinata.
Prima che si spargano false notizie su miei presunti disimpegni dal blog, segnalo che l'assenza di ieri e mercoledì sera é giustificata.
Una volta in macchina, un'altra in metropolitana, ho viaggiato in compagnia di un mio collega - il mio capo, per chi ha orecchie - e gioco forza ho sospeso le ostilità.
Famagosta, come vola il tempo. Nell'aria ora libera del vagone echeggia una telefonata, ora sovrastata dallo sferragliare del treno, ansioso di uscire a vedere il cielo. O almeno la luce, che di cielo oggi non se ne vede molto.
Auto in coda alla fine dell'A7, gente che tutti i giorni sa che farà minuti, ore, in coda, come moderni Sisifo. Prati allagati di pioggia e cascine in rovina con fuori la parabola. Ultimo tunnel del quartiere cantalupa e sono arrivato.

giovedì 19 aprile 2012

STESO


8.26 la vita lavorativa é incompatibile con quella domestica. Al di là dell'ovvia considerazione che andare in ufficio significhi non stare a casa.
Pausa, devo togliere anche il golf. Ok, ora si stanno anche spannando gli occhiali.
Venti minuti mal contati. Questo il tempo che ci ho messo a ritirare le cose stese (tecnicamente "la roba stesa"). Già partivo svantaggiato dall'aver messo la sveglia avanti di mezz'ora, e di aver comunque negoziato il risveglio, ma lo stendipanni così proditoriamente abbordabile, menzognero con le sue stecche semivuote, ha sconvolto i ritmi, bio e non, della mattina.
Le stesse mutande, o le calze.
La banchina di Garibaldi, mentre arriviamo, promette morte e sofferenza; in pochi secondi vengo circondato di messicane e messicani, grazie a dio bassi, bardati come fosse gennaio.
Le mutande e le calze, dicevo, che nell'immaginario collettivo si mettono via in due secondi, la mattina diventano riottose, ti si presentano accartocciate, richiedono attenzione, e senza accorgertene sei in ritardo, su un treno farcito di gente che emana calore dai cappotti, con il golf e la giacca ai tuoi piedi, assieme al loro prezioso contenuto di fazzoletti.
Come tutte le mattine Cadorna mi offre il diversivo per mettemi comodo, mentre avviene il cambio di farcitura.
A voler trovare un lato positivo all'uscita di casa post campane di San Luca - non si tratta di vere campane, ma di una registrazione, ma il loro suono, oltre ad annunciare con un quarto d'ora di anticipo la messa delle 8.30, a casa nostra é l'inequivocabile suono del ritardo totale - dicevo, a vedere il bicchiere mezzo pieno, ho attraversato il mercato di Ampere quasi a regime, facendo scorta di profumi e colori, quasi una sorta di aperitivo prima dei campi e dei canali che mi accompagnano nell'ultimo tratto del viaggio.
Ogni tanto mi chiedo quando succederà, anzi, se sia già successo, che io mi ripeta, che racconti cose già raccontate. Capita sempre dopo Romolo, all'andata. E' il momento che inconsciamente ho eletto e dedicato alle riflessioni su questo mio diario blackberrizzato.
Mi sto ripetendo? Possibile; la compilazione automatica dei campi già un paio di volte mi ha sgamato a riciclare titoli.
Succede, e succederá faccio l'impiegato. Persino un domatore di leoni ha una sua routine. Non ne scrive, questo é vero. Io per ora sì.
Sono andato lungo, chiudo quasi davanti alla timbratrice, che non é certo un leone.

mercoledì 18 aprile 2012

CALDAZZA

7.55 vagone torrido, al primo impatto. Lo smanicato ha già trovato posto sopra la borsa ma non sembra bastare, la fronte insiste nei suoi progetti sudoripari.
Il signore corpulento in impermeabile beige e ventiquattrore rigida salito a Loreto, forse, sotto l'abito in tessuto pesante ha un impianto refrigerante.
E' ufficiale che io debba aumentare le ore di sonno. Con un accorgimento semplice, ma inspiegabilmente inattuabile: dormire una volta a letto anziché ammazzarmi di angry birds fino alla chiusura autonoma, per protesta, delle palpebre.
E' solo mercoledí, sembra un po' il pensiero di tanta gente sul treno, oltre che il mio.
Seduta non distante da me, una ragazza coi capelli scuri è letteralmente accasciata in avanti, in atteggiamento disperato. In piedi di fronte a me una quarantenne con occhiali scuri, borsa a tracolla, cartellette e riviste sotto braccio telefona col cellulare tra testa e spalla per tenersi. Sembra l'emblema della sopravvivenza urbana.
Garibaldi ha fatto un'altra infornata, ma ho chiuso un trattato di non belligeranza con la mia termoregolazione.
Cadorna si avvicina, assieme al momento di cercarmi un sedile.
La disperata é scesa, l'ho vista in volto: deve essere una giocatrice di angry birds ancora più accanita di me.
Sant'Ambrogio, mi trovo per caso all'altezza e nella posizione giusta per osservare un'interessante teoria di borse+sacchetto di backup di donne attorno a me. Borsa LV classica + sacchetto di carta YSL seduta di fianco a me, borsa semplice + sacchetto plasrificato a motivi biscotto stile Harrods che parla con borsa bordeaux scuro + sacchetto plastificato DI Harrods, borsa bianca Adidas vintage + zainetto Eastpack in piedi di fianco a borsa Gucci a motivi geometrici + borsa porta laptop.
Delle sherpa, tartarughe domestiche attrezzate per evenienze che un uomo, impegnato a capire se l'abito che sta mettendo sia blu o nero - questo se é particolarmente vispo - e a ricordarsi da quanti giorni usa le calze che sta mettendo - di solito supplendo con l'olfatto alla memoria, ancora in fase rem - nemmeno riesce ad immaginare che esistano.
Parlando di borse carapaci si é fatta Famagosta, scopro ancora qualche ricordo di mr sandman.
Fuori terra cielo nuvoloso, ma meno incline alla pioggia di quello che mi ha accompagnato in Piola. Cerco nei campi qualche bestiola selvatica, alata o meno, da portarmi in ufficio per ricordare a me stesso che non si vive di solo cemento, ma stamattina la selvaggina scarseggia.
Assago, andiamo

martedì 17 aprile 2012

OFFLINE

19.05 causa botta di sonno corazzata stasera non vado in onda. Buonanotte

FRESCO

7.57 Umido.
Entro in metrò e sento uno schiocco. Non ci faccio caso.
Un altro e un altro. Mi guardo in giro.
Altri; non li trovo ma ho già capito che non sono schiocchi di dita. Ogni 3-4 secondi, anche ora. Lo schiocco ha un che di risucchiante, umido.
Ed eccoli lì, seduti alla mia sinistra, degni emuli di Ormonello ed Ormonella, a differenza loro capitati in un giorno in cui scrivo.
Ora grazie al cielo chiacchierano un attimo, occhi negli occhi, e io mi trovo a sperare che abbiano il cavo orale più pulito e fresco del mondo, e che il gocciolio delle loro effusioni ci dia tregua.
Caiazzo sembra vuota, un'insolita voce in lingua inglese annuncia qualcosa ai viaggiatori.
Centrale come Caiazzo, singolare tranquillità per un treno di punta. Stamattina tutti mattinieri, o più verosimilmente tutti stesi a letto dal languore primaverile.
Di primaverile, a voler essere onesti, c'é solo il mese, in questi giorni. Lo testimoniano i miei compagni di viaggio sciarpati, qualche collo di pelo qua e là, il mio golf di Caprera, che indosso ogni volta col dubbio di averlo messo al contrario, e tenendo in tasca una scusa plausibile se qualcuno dovesse riconoscere lo stemma del circolo velico, che non ho mai frequentato.
Quella che mi piace di più ma non ho mai usato é lo scambio: a pensarci bene, chi prenderebbe una felpa di Orza Minore dando in cambio un golf del CVC?? Forse va aggiustata un po'.
Ormonello ed Ormonella, alla faccia del caldo che c'é sul treno, ora si sono incastonati le teste uno nel collo dell'altra. Ho temuto per qualche minuto di conoscere uno dei due. Il "ciao amore" sospirato di lei preannuncia la crudele separazione, e la fine dell'idillio. Eccoli, gli ultimi baci schioccanti. Deve essere straziante ripetere ogni mattina questo rito.
Cadorna si avvicina, é tempo che mi trovi un posto a sedere.
Trovato; il mio preferito, mentre si consumava la battaglia tra viaggiatori e macchinista per far chiudere le porte del treno. In realtà non c'era ressa, semplicemente, come é logico che sia, ad ogni riapertura qualche già rassegnato pendolare, stupito dalla seconda possibilità concessa da ATM, si infilava in treno.
S. Agostino, mi é comparsa davanti una signora sulla quarantina, tutt'altro che bella di viso, issata su tacchi mille, con minigonna persa nel soprabito e calze velate a rigoni. Aver visto "i love shopping" ieri sera non ha migliorato il mio pradese.
Romolo, e di nuovo l'annuncio in inglese. ATM si aggiorna al terzo millennio, dopo i treni ora parlano inglese anche le stazioni.
A Famagosta la mia borsa si guadagna un posto a sedere. Siamo rimasti in pochi, e tra di noi tre ragazzine clandestine, scarpe sportive e pantaloni della tuta, secondo la mia teoria bigiatrici, anche se il mio fisionomista oggi é in ferie - come negli ultimi 30 anni - e quindi mi resta il dubbio che non siano liceali.
Ridate gli zaini a chi frequenta la scuola dell'obbligo, ridate loro quell'innocenza sfigata che hanno perso e venduto alla moda.

lunedì 16 aprile 2012

FOUR LITTLE INDIANS


18.19 yes, I pad.
Posso quasi dire che profumino di curry. Chiocciano nella loro lingua natia attorno ad un Ipad nuovo di pacca, sono addirittura venuti appositamente ad Assago a comprarlo e ora cercano utensili di emergenza per aprirlo. Ho visto guizzare tra le mani di quello che si spaccia per esperto, una graffetta aperta, per rompere le plastiche.
Non arriva a Cadorna, con queste attenzioni frenetiche addosso.
O forse sí, l'hanno messo via. Ora l'esperto sta spiegando come interagisca con l'Iphone. S. Agostino e l'Ipad é di nuovo fuori, sembrano umpalumpa alle prese con un nuovo tipo di caramella gigante.
I passeggeri di Cadorna mi hanno tolto lo spettacolo, ora sento solo le loro voci, alle spalle della signora riccia in piedi davanti a me. Il quarto indiano, che ho seduto di fianco, allunga il collo cercando di non rimanere fuori dalla festa.
Sono in ritardo, questo è fuori discussione.
La riccia è scesa e ora li vedo in tutto il loro splendore di creature ipnotizzate dalla tecnologia Apple. Giacche pesanti scure, pettinature corte, volti larghi e amichevoli. L'esperto ancora smanaccia con l'Iphone, catechizzando gli altri tre.
La conversazione parallela con Paola rallenta la cronaca, che a Caiazzo volge per sua natura ai saluti.
L'esperto é sceso, mi aspetto che gli altri tre ora inizino a smanettare con risolini da allievi senza maestra con il moderno monolite.
In effetti sorridevano, mentre stavano scendendo a Loreto.
Senza di loro, le note di stasera sarebbero state piatte, e ora sono finite.

ANTICIPO

7.18 stupito. E in difficoltà.
I posti a sedere sono presi, quelli in piedi contro le pareti pure. In più ho l'ombrello.
In pratica sto scrivendo in posizione super precaria, piantato alla meno peggio sui piedi in mezzo al vagone.
Ora ho azzardato di appoggiarmi alla porta di sinistra, se dopo Gioia non dovessi più dare segni di vita é perché mi sono dimenticato di spostarmi all'apertura.
È decisamente più presto di quanto mi aspettassi. La sveglia era alla solita ora e non ho fatto nulla di diverso dal solito, ma alle sette ero pronto per uscire.
Centrale, alla prossima devo staccare le spalle dalla porta. In due minuti non dovrei dimenticarmene.
Sulla mia sinistra una signora in stivali marroni e cappottino mi sembra somigliare ad una mia collega. Una nuova, mutanghera, di un ufficio distante dal mio.
Isola di scrivanie, non ufficio, ma le differenti mansioni sono molto più efficaci delle pareti per tenere distanti le persone.
In ogni caso non mi ha visto, e a Garibaldi ho trovato posto distante da lei. In più non ci salutiamo nemmeno in ufficio, sprecare dell'ipocrisia così presto di lunedì fa rischiare di arrivare senza a fine settimana.
Davanti a me una cascata di capelli ricci - decolorati più che biondi - ricorda una matassa di lana da cardare più che un'acconciatura.
Lanza, e sono solo le sette e mezza. Forse é stato il non avere il borsone della palestra, ma é poco per giustificare un quarto d'ora abbondante.
Cadorna. Sfornata/infornata. Devo svegliare Pepper, pausa.
Sant'Agostino. Leggo titola "imu con lo sconto per chi affitta casa". La cosa va approfondita. Se Berny dovesse costarmi qualcosina meno di imu non mi strapperei i capelli dal dolore. Già la cedolare ha rosicchiato i margini dell'affitto. Mi informeró.
Pepper intanto é sveglia.
Non vedo l'ora di vendere casa mia. E' una costante fonte di preoccupazioni.
Chi l'avrebbe mai detto? Il giorno in cui l'ho vista, e ancora più quello in cui l'ho vista finita, sono stati meravigliosi. Ora é una voce di costo, un pensiero in fondo ai pensieri, e la geniale normativa italiana mi impedisce di venderla se non a condizioni da problema di geometria analitica avanzata.
Mi piacerebbe riavere il mio weber, più di ogni altro oggetto o pezzo di arredamento io ci abbia lasciato.
Famagosta, fuori terra. Erba bagnata, e rogge piene. Il verde dei primi germogli nei campi si sta facendo più deciso.
Il weber delle grigliate e l'amaca che alla fin fine, per il poco tempo che ci ho passato, è più un desiderio non esaudito che non un rimpianto.
Assago, aria umida, 7.45. Iniziamo.

venerdì 13 aprile 2012

LUCY


17.20 imminenza.
Freddo, cielo grigio, vento, prime gocce d'acqua.
L'hanno battezzato Lucy, uragano o tempesta che sia. I meteorologi del vecchio continente, frustrati dalla roboanza dei cicloni - ecco forse Lucy é un ciclone - d'oltreoceano secondo me stasera festeggeranno la loro creatura, mentre noi non addetti al mestiere malediremo gelo e acqua, avvantaggiati da un nome di persona a cui affibbiare le peggiori attitudini, sessuali ma non solo.
Mi sento solo, senza il mio borsone. Portarlo a casa sarebbe stata un'idiozia non giustificabile col bisogno di un compagno di viaggio. Oggi niente scultura nel burro dei miei muscoletti asfittici, niente safari tra le palle di carne in canotta e i loro beluini gemiti.
Come arrivasse da molto lontano, un pensiero ha fatto capolino - violinistessa a s. Agostino - a metà mattinata, e ho detto e pensato contemporaneamente "Mc Donald's oggi?". L'intenzione iniziale era di fare l'una e l'altra cosa, poi si sa, basta conoscersi un po' per usare le parole giuste e convincersi a più miti consigli.
Ho visto di sfuggita, in uno schermo pubblicitario di Moscova, Francesca, "nostra figlia", vincitrice di X Factor, sparita assieme ai suoi avversari. Novità? Ha pubblicato finalmente un album?
Lo ammetto, quasi non mi vergogno più a dirlo; mi sono appassionato all'ultima edizione. Lo so, é la negazione del modello di cantante a cui mi rifaccio, è un prodotto seriale, commerciale, tomba dei miei eroi.
Ciò non toglie che io stia ancora sperando nel successo dei Moderni.
Garibaldi, devo ricordarmi di scendere a Centrale. Sperando di non trovare ad aspettarmi Lucy in tutto il suo splendido furore.
Non mi aspetto gran che da un uragantifontempesta mediterranea, ma se piove orizzontale mi bagno, anche senza case scoperchiate.
Che dire? Buon weekend, settimana prossima prometto più assiduitá.

SECONDO TENTATIVO


8.15 difficoltà.
La sveglia ha fatto il suo dovere, e io mi sono anche alzato, a dirla tutta.
Invece che fermarmi in cucina e preparare la colazione, ho proseguito verso il divano della sala e da cosa é nata cosa.
Comunque ora sto arrivando in Caiazzo, questo é un bene, sto rientrando nella normalità.
Sí, la vocina amica stamattina é più odiosa del solito, e ucciderei il bambino che, spero sul tablet non suo ma di un genitore che non riesco ad identificare, sta giocando ad una specie di sim city dei Puffi con l'audio attivo. A a parte questo sto bene, sopravvivo al sonno.
In più è venerdì, ed il treno è affollato ma non rumoroso né caldo - sento un rumore di sottofondo di aria condizionata.
Insomma, con un po' di sforzo aggiuntivo dovrei riuscire ad arrivare a casa vivo.
Garibaldi, ora ci riempiamo di brutto. Davanti a me é comparsa una rossa molto trendy autunno inverno, alta più di me. Senza il paio di scorci delle guance che mi ha concesso girando lievemente il capo, l'avrei potuta scambiare per un uomo, nonostante i capelli raccolti in una coda nascosta sotto la giacca di pelle marrone chiaro.
Lanza, ancora in piedi. Il simulatore di Puffi é ancora a bordo, intento a raccogliere frutta dai campi degli strani ometti blu.
Cadorna tra pochi secondi, ora mi cerco un posto.
Fatto, appena in tempo, durante il cambio della guardia.
Dimenticavo: ieri sera ho viaggiato in metropolitana con un collega, per questo niente note: é sceso in Piola, non sarei riuscito a scrivere nemmeno sulle scale.
Verso sant'Agostino il treno ha piantato un'inchiodata pazzesca, l'inerzia ha proiettato la gente in piedi a distanze importanti. Non si registrano morti né feriti, ma é stata più che una frenata brusca.
Una ragazza alla mia destra litiga al telefono col papà, dopo avergli chiesto se vedesse in giro in casa un foglietto importante, che ha dimenticato a casa. Causa dell'esplosione, il "complimenti" con cui il genitore ha commentato l'evento. Ha anche ringhiato un paio di insulti mentre tirava il cellulare nella borsa. Mi ha ricordato qualcuno, a sessi invertiti ai capi del telefono.
Famagosta in arrivo, e il treno é ancora bello pieno. Chi non scende alla prossima viene nel business park, ma molti non hanno l'aspetto di bestie autoctone. A meno che non siano commesse e commessi dell'ipermercato; questo avrebbe senso in effetti.
Il problema é che a quest'ora del mattino non hai senso venire ad Assago se non ci si lavora, eppure più di una volta ho visto ragazzetti di sedici anni a bordo.
Io bigiavo al parco Sempione, non posso concepire che un centro commerciale possa essere una meta alternativa alla scuola dell'obbligo.
Le nuvole oggi rimangono lontane, sullo sfondo. Merito dei nove km di corsa di ieri? Non so, mi accontento di aver allontanato un po' il peso che avevo sul cuore.

giovedì 12 aprile 2012

SPROFONDO

7.33 limpido.
Prima di tutto, come a scuola, faccio vedere la giustificazione per l'assenza. Il blogger Matteo nella serata di ieri non ha potuto postare perché ha fatto ritorno a casa in automobile con un suo collega.
Sarebbe stato fuori tema oltre che scortese.
Ho visto su un vagone più avanti del mio due giubbetti ad alta visibilità. Se ho visto bene, addetti alla sicurezza, che a quest'ora non avevo mai notato. I borseggiatori dormono ancora, oppure, nonostante certe mie drammatiche descrizioni, il treno non è abbastanza affollato da poter essere discreto.
Dalla prima pagina di Leggo il Principe festante mi riporta alla mente la sensazione sgradevolissima avuta ieri vedendo il replay del nostro pareggio col Siena. Quest'anno ho abbandonato più del solito il campionato; da bravo interista quando affondiamo mi dissocio. Ci manca soltanto di scoprire che compriamo le partite. Quel cross insensato del difensore per la testa di Milito mi sta perseguitando, al punto da aver scritto di calcio da loreto a Garibaldi.
Forse anche più avanti, vista la selva di spalle che vedo pronte a scendere.
No, giusto Garibaldi. La selva é scesa a Moscova, moto migratorio insolito.
Seduta vicino a me, che per parlare di calcioscommesse non mi sono ancora procurato di che sedermi, una signora decisamente corpulenta legge un cugino povero del kindle, talmente povero da essere retroilluminato. Ecco, questo non potrei mai farlo: leggere un libro come fosse un'email va oltre le mie capacitá di adattarmi al progresso.
Da seduto - è successo a Lanza - osservo i tre regazzini davvero fighi che sono saliti a Cadorna. Se il me di 15-20 anni fa si sedesse di fianco a uno di loro sarei il primo a volerlo picchiare per come era conciato. Ma picchiarlo selvaggiamente.
Il Matteo adolescente allacciava addirittura le scarpe (lo fa ancora), questi sono campioni nel trasformare le sneakers in mocassini.
E a tenere il culo fuori dai jeans. Se bello vuoi apparire...
Oltre Porta Genova mi hanno raggiunto le nuvole nere. Non so per quanto andrà avanti questo inseguimento. Dei due modi per farlo finire uno é... Non posso dirlo. Le parole di cui parlavo ieri. Non possono essere dette.
L'altro modo é ancora meno pronunciabile, ma per altri motivi.
Siamo usciti al sole, che solleva dai campi mari di foschia gialla. File di cipressi delimitano i mari.
Sono arrivato, le nuvole scendono con me.

mercoledì 11 aprile 2012

SILENTE

7.37 a caso.
Avevo deciso di lasciarlo passare. Ero sulle scale, ho sentito l'annuncio e ho anche sussurrato un "nooo" poco convinto.
Poi dall'angolo destro del mio campo visivo é comparsa lei, un guizzo di impermeabile beige. L'ho guardata scendere l'ultima rampa, ho visto le porte ancora aperte e senza pensarci mi sono fiondato a caso nella prima carrozza che avevo davanti.
Pagato, sia chiaro, visto che a Centrale ho preso anche posto, tra l'altro lato parete del vagone.
Mi si é anche liberato il posto di fianco, reprimo la tentazione di piazzarci la borsa e mettere dei bei confini col resto del mondo viaggiante.
Penso al peso di certe parole, al senso di ineluttabilità del loro suono, e al riverbero, l'eco senza fine che hanno nella vita.
Non é delle parole che voglio parlare, a dire il vero anche stamattina non é una passeggiata.
I miei compagni di viaggio sono piatti, umidi, dimessi e persi nei loro pensieri.
Il posto di fianco al mio rimane testardamente vuoto, anche con gente in piedi. Puzzo? Il barbour ha un odore forte, ma non spiacevole.
Sant'Agostino dirime la questione: il treno si é svuotato, il mio posto libero si confonde con gli altri.
Penso di nuovo alle parole, a quelle, stavolta, che restano non dette. Quelle per cui non esiste uditorio. Mi rendo conto di quante siano, di come davvero non esista altro luogo al di fuori della coscienza, altro interlocutore se non Dio stesso. Di come, se si prova a dirle a qualcuno, diventino ridicole, inadeguate, di come tradiscano il pensiero originale come e peggio di una traduzione dilettantistica, o meccanica.
Fuori terra i colori della primavera sono assopiti dal manto di pioggia, solo qualche albero bianco di fiori spicca nel verde acceso della vegetazione umida.
A bordo meno di venti persone, due per panca.
Il bello del lavoro d'ufficio é che a breve tutto avrà il suo colore consueto, la sua eterna luce di neon.
Assago.

martedì 10 aprile 2012

FUORI SERVIZIO


18.30 gelo.
Sono a Sant'Ambrogio e mi paleso solo per dire che stasera non vado in onda.
Circostanze non ordinarie.
Ormonello e Ormonella non entreranno nella storia, pazienza. 
E' storia di poco conto.

EMERSIONE-IMMERSIONE


8.20 frastornato.
Inseguito nei sogni dalla routine, interrotta per soli due giorni, credo di avere lo sguardo stupito di chi é appena arrivato sulla luna.
O dalla luna.
Bella botta di sfiga, tra tutti i luoghi in cui atterrare, finire nella stazione di Piola.
Qualcuno sotto Pasqua deve avere mischiato i tasti del bberry.
Lo stupore del lunicolo in trasferta altro non é che il tentativo continuo di tenere aperti gli occhi. Ogni ventina di secondi, quando lo schermo si fa piccolo e il campo visivo a tubo.
Centrale mi regala un posto a sedere. Di fianco una passeggera a caschetto nero dotata di Galaxy. Schermo enorme.
Lo abbandona dandomi solo il tempo di vedere che non ha tolto la plastichina - non lo concepisco: se compri una cosa per conservarla,cosa la compri a fare? - per immergersi nella lettura di un tomo con nel titolo le parole "miele" e "zenzero".
Il treno mugola.
Non è un libro di cucina; dietro le due melense parole un viso languido di donna teneva chiusi gli occhi, forse pentito del contenuto per decerebrati. La plastichina me l'ha messa in cattiva luce.
A Moscova il treno in arrivo ha reso fugace la visione di una pseudo modellina dai tratti orientali appollaiata su tacchi alpini.
Ai gemiti del treno si aggiungono quelli della mia schiena: bastano due giorni a perdere la postura da metropolitana? Dolore rilevante.
La zenzera scende a Cadorna, una slavatella disprezza da dietro lenti spesse il posto lasciato libero, il ragazzo che lo occupa glielo offre un secondo dopo ad alta voce, la slavatella miope declina.
Deve essere il mix dei postumi pasquali e del freddo tornato a pungere. Avessi scritto rompere le scatole, ho pensato, sarei caduto in contraddizione.
La slavatella, noto solo ora, ha scarpe basse a fiori, e jeans che, come dire, non la valorizzano (le fanno un sedere latifondista), e si é allontanata appena ha potuto da me e dal mio gentile compagno di viaggio.
Penso di poter parlare anche per suo conto, non sembriamo affatto brutte persone, anzi, siamo discretamente presentabili per essere un martedí mattina accatastato a lunedì. Porta Genova se l'é portata via, speriamo l'umore le migliori in giornata.
Romolo, una pubblicità dell'Esselunga mi ha richiamato, ma non ho fatto in tempo a capire cosa si possa fare coi punti fidaty. Stessa cosa a Famagosta, era ad inizio della banchina: credo si possa scaricare musica da Itunes o suoi parenti stretti. Mmh, Caprotti a questo giro non mi sembra abbia fatto il colpaccio
8.53, Quasi arrivato, quasi fuori. Limpido. Paesaggio nitido e luce abbagliante, sguardo sempre più stupito. Campi a maggese e roggie semivuote. Primo verde nei campi arati.
Curva a sinistra e si ricomincia.

giovedì 5 aprile 2012

EXTRA TIME


20.48 nottetempo.
A cosa servono i ponti e le vacanze? Sì, a riposarsi, ma prima? Il giorno prima, per l'esattezza? A fare notte in ufficio nell'aziendalmente pio e nobile intento di "lasciare le cose in pari".
Fuori dall'azienda, pietas e nobiltà svestono i panni patrizi e si rivelano nelle loro laide forme.
Alla fine sei solo un pirla che ha preso una metropolitana all'ora in cui gli altri sparecchiano la tavola.
Tornato dalle vacanze - e chiamare vacanze 4 giorni dal destino incerto e dal maltempo garantito é frutto di un ottimismo ingiustificato - il tuo disumano sforzo sarà pagato da 20 minuti di tranquillità. Se sei fortunato.
Il nobile idiota va a casa, sul suo treno che si riempie alla spicciolata di un mix di altri eroici idioti e gente che ha l'aria di aver cenato e di andare da qualche parte, anziché tornare.
Porta Genova. Picco di una telefonata di un Getfitter, mio acerrimo nemico per elezione, mezzo vagone più avanti. Doveva essere un "no" particolarmente importante nell'economia della sua discussione.
Non ho notizie di Paola da un po'. Le ho detto di non aspettarmi per cenare, non lo avrà fatto.
Anzi, probabilmente il suo silenzio sarà.. Interrotto da un suo squillo.
Non stava spignattando per farmi una sorpresa, è appena entrata in casa. Il treno intanto, nella persona di una voce ben poco amica, ha millantato una fine corsa a Cadorna. Il fatto che nessuno sia sceso mi fa sperare in un'illusione uditiva.
Mi si é sintonizzato l'udito su un dialogo in francese. Uno non lo direbbe, ma i francesi e soprattutto le francesi hanno dei tratti somatici distinguibili. Ora che ho visto le due francofone, ho proprio pensato che hanno la faccia da francesi.
Sono perseguitato dal giudizio che ho ricevuto stamattina: non sono cinico. Non solo, sono didascalico. Sic. Quindi ora sto scrivendo con una vocina che mi chiede più cinismo. E meno didascalie, suppongo.
é ridicolo scrivere influenzati da un pubblico di tre persone a dir tanto. Spero mi passi, mi sento il protagonista di "vero come la finzione", non é piacevole.
Centrale, inizia il tratto dei saluti. Il venerdí Santo gentilmente concesso dai miei vertici e l'altrettanto santo lunedí dell'Angelo mi priveranno della mia compagnia per quattro giorni consecutivi. Sopravviverò, spero, oppure prenderò una metropolitana a caso.

UMIDITA'

7.36 anticipo.
Scrivo già dalla banchina, non perché abbia qualcosa di particolare da raccontare, ma per farmi compagnia.
Devo ricordarmi di stampare il cud e la dichiarazione dei redditi 2010. Argomenti non certo avvincenti. Arriva l'Assago.
In piedi, con borsone e ombrello, piazzato alla meno peggio nella speranza non cada.
Le scuole devono essere giá chiuse, il treno é stranamente vuoto, in piedi cinque persone compreso me. Le vacanze di Pasqua a scuola avevano sempre il sapore della mezza fregatura. Corte, tempo di fare pasquetta e già si era sui banchi.
A quei tempi non sapevo ancora apprezzare il weekend lungo.
Stamattina cancello più del solito.
Poche voci, pochi libri, tanti Leggo e cellulari. C'é aria di stanchezza, sguardi persi; deve essere la pioggia. Dopo mesi a lamentarne l'assenza, basta il secondo giorno di cielo grigio e acqua per inumidire gli umori.
Garibaldi intanto crea quello spessore di gente che mancava. Era la mia stazione da pendolare, eravamo una bella folla.
Sto calcolando un'ora di arrivo attendibile per valutare se il mio progetto spavaldo possa o meno essere realizzato. Implementato, termine genuinamente aziendale, appropriato alla mia tenuta odierna.
Contrariamente al mio uso, oggi sono in giacca e cravatta, e per un pranzo di lavoro. Avrei potuto anche fregarmene, in tutta onestà.
Cosí come avrei potuto lasciare a casa la borsa della palestra, ma ho deciso di sfidare me stesso e andarci ora, appena sbarcato ad Assago.
Non che mi sia riletto, lo faccio molto raramente, ma temo che l'uggia pluviale abbia bagnato anche le mie note. Di certo i miei compagni di viaggio, tutti mutangheri e grigi, non aiutano.
Io dal mio canto non li ho presi gran che in considerazione; insomma, concorso di colpa.
Del centro di Milano mi manca l'incontare per caso persone conosciute. Non note - capitava anche quello - conosciute. E' il problema dei business park: come tutte le strutture artificiali, sono isolate dall'esterno. Non ci si capita per caso.
Parto da Famagosta, non mi aspetto miglioramenti fuori terra, quindi termino qui la mezza agonia.

mercoledì 4 aprile 2012

MEZZO SERVIZIO


7.04 piovoso.
Ha iniziato a piovere seriamente in una via Ampere insolitamente deserta, la pioggia primaverile che si sente schioccare sulle foglie nuove degli alberi. Insolita, la pioggia, in questi mesi di abitudine al cielo sereno.
A Loreto sono salite 5 ragazze cinesi ognuna col suo trolley, iride di colori, tra loro e la matrioska di valigie, dalla piccola marrone con finiture di cuoio alla media zebrata al baule rosso che si porta dietro Hen, sempre che il nome scritto con lo scotch di carta sul fronte della borsa sia quello della ragazza pallida e dai capelli lunghi, che ha smesso di fissare il telefono solo per scendere a Centrale.
Devo ricordarmi, a differenza di quello che ho fatto con la cintura, di scendere a Garibaldi. La prossima insomma. Per l'ennesima volta ho dimenticato la cintura: se non la recupero dai cassetti prima di entrare in cabina armadio a cambiarmi non c'é verso. Non che non me lo ripeta, ma quando apro la porta della cabina parte il pilota automatico.
Garibaldi, proseguo l'interessante dissertazione più tardi.
7.24 passante.
Interessante capire le varie linee S di cui la signorina voce amica parla nei momenti meno opportuni durante i viaggi.
Io ho bisogno stamattina, ad esempio, di una S5 o S6, Varese o Novara. Sul binario uno è appena arrivato un treno che, dopo aver fatto un rumore da bestia arcana del giudizio universale, sta vomitando sulla banchina il suo carico di forza lavoro, quasi con aria di voler giustificare lo sforzo immane e l'inumano gemito dei sui freni.
Ricordo anni fa, dalle parti del 2003, quando passavo a Cadorna a salutare, non ricordo più in quale tratta del suo viaggio, Silvia. Mi sconvolgeva ogni volta, dalla posizione elevata dei tavolini di Burger King, vedere cosa usciva dai treni a fine corsa.
E' arrivato il mio S5, intanto.
Ricordo il treno, largo meno di metá della banchina, da cui usciva per un minuto abbondante tanta gente da annerire di corpi la banchina stessa per tutta la sua larghezza. Aveva qualcosa di magico, di contrario alla fisica. Dopo quasi dieci anni ho un ricordo vivido di questo fenomeno, mentre non ricordo affatto in quale momento della mia vita avessi tempo per essere a Cadorna all'alba, ed un ricordo molto sbiadito del volto di Silvia.
Al di là dell'urlo dei freni, il treno S5 é silenzioso, anche mentre dá indicazioni. Un display discreto annuncia le fermate, niente voce amica.
Un passeggero ha un volto noto, ma al sesto tentativo, metà dei quali intercettati dal suo sguardo, non riesco a catalogarlo.
Sale un ciclista: anche io a volte, andando al Sacco durante il servizio civile, prendevo il passante con la mia fida Bianchi da corsa campione del mondo del '73. Appunto: dovrei recuperarla da casa dei miei; non che non apprezzi la mountain bike regalatami dal papà di Paola (suocero é un termine orrendo) ma quella Bianchi ha tutt'altro valore.
Milano Certosa. Il tratto ferrato del mio viaggio finisce qui.

martedì 3 aprile 2012

NERO


18.27 gelato.
Ci ho pensato su più di una volta prima di decidermi. Alla fine ho deciso di scrivere, vada come vada.
Ci sará ben poco del treno che mi porta a casa, con l'aria condizionata tanto per uccidere definitivamente le mani. Non escludo nemmeno di decidere, a mio insindacabile giudizio, di chiudere a caso.
Ho passato gran parte della giornata a negoziare con Dio in persona. Non si esce riposati, né sereni, da negoziati del genere. Ha sempre la risposta pronta, se si tratta di mettere in discussione le tue piccole convinzioni, e nicchia alle domande dirette.
Non era questo il taglio che volevo dare ai miei pensieri. E' che parlare di Dio in un luogo potenzialmente pubblico é la prova finale per qualunque cattolico.
Non so come sia finita, non lo saprò fino all'ultimo, é davvero difficile dare un senso ai pensieri che mi sono rimasti addosso. Impossibile scrivere quelli che ho fatto. Le preghiere che ho detto, é persino difficile scrivere la parola preghiere.
Di fronte all'onnipotenza si manifesta tutta la piccineria del pensiero umano. Arrivi a chiedere "cosa ti costerebbe?", a pensare all'emorroissa che tocca di nascosto la veste di Gesú. Arrivi a pensare che averlo pensato possa essere un valore aggiunto alla tua richie - alla tua preghiera. Ti metti a pensare alla lista di attesa, alle precedenze, ai criteri di elezione. Per tornare a galla e ricordare l'infinità dell'amore di Chi quell'onnipotenza possiede ed amministra, serve un colpo di reni micidiale.
Mi sfiora il pensiero che scriverne faccia bene, serva, dimostri la bontà dei miei propositi. Tenere a bada l'untuoso postulatore che vigila ai margini della coscienza richiede un'attenzione costante.
Ora come ora l'attenzione mi serve anche per tener testa ad un senso di nausea che cresce ad ogni carattere che scrivo.
Anzi, scendo a loreto perché potrei vomitare.

BACK IN BUSINESS


7.37 tornato.
Metropolitana, diretta ad Assago, orario corretto, nessun collega chiacchierone in vista. Condizioni ottimali. Sonno a parte si intende.
In piedi nel mio angolo, quello, per ripassare, vicino all'ultima porta a sinistra del penultimo vagone, c'é un ragazzo alto, dal viso tondo, barbetta, capelli corti ed occhiali, che se la gira, sereno come un quarto di pollo, in scarpe da ginnastica nere e gialle, pantaloni della tuta blu e giacca della stessa marca dei pantaloni, ma nera.
Niente borse, niente preoccupazioni. Non nascondo una certa invidia.
A Centrale smetto almeno di invidiargli il posto, perché si é liberato quello d'angolo esterno dei sedili a file. Per andarlo ad occupare ho passato una virginista: i borsoni neri e rossi di Branson stanno diventando sempre più diffusi; ho letto un articolo di come il fitness in genere, VirginActive in particolare, sia un settore anticiclico.
Sulla banchina di Garibaldi passa come un sogno buffo una trentenne piccoletta ed occhialuta con stivalazzo bianco e smanicato fucsia.
A maggio, informa Moscova coi suoi cartelloni, tornano gli Stomp, altro desiderio palleggiato e mai preso sul serio.
Tra le spalle della gente in piedi vedo spuntare il sosia di Zeus, non il dio greco, ma il personaggio di Samuel L Jackson in Die Hard: copricapo nero etnico e montatura metallica, identico.
Cadorna svuota e riempie il treno, sono salite anche due mie colleghe: parlano tra loro, non mi vedono; nessuno se ne avrà a male se non ci abbracciamo.
Mi si é seduto di fianco un uomo corpulento, di cui non ho ancora visto nulla, ma che odora di sapone per bucato, in maniera intensissima. Jeans neri e tuta bianca e blu. Non indago oltre, mi basta il suo odore, che non ho ancora catalogato né tra i buoni né tra i cattivi.
Sant'Agostino crea problemi alle porte, ma alla fine ripartiamo. Le colleghe si sono sedute davanti a me, scendendo le saluteró, ok.
Tra due fermate inizia la mia settimana corta: ieri di ferie, venerdì di chiusura, tre giorni da far scivolare.
La ragazza della Virgin si alza per scendere a Romolo, mandando in frantumi l'dea che fosse un'assaghese. Ancora problemi con le porte, cinque apri-chiudi prima di ripartire. Che Virgin ci sono a Romolo, o più in genere a sud di Milano, che non siano la mia? Controllerò, se me ne ricordo.
Famagosta, mi preparo a contare i tentativi. Due, poi esitazione sulla partenza, ma alla fine si va.
Pensiero fugace alla quantitá di email che dovrò leggere; ieri ne ho contate quindici, prima di smettere di contarle.
Niente sole nel sud Milano, ma odore di erba. Fiori fucsia sulla massicciata del treno, verde ovunque, anche dove non riesce a camuffare lo squallore. Nutrie al pascolo in un prato cintato pre cantiere, e treno al rallentatore sul curvone verso Assago. Intravedo una roggia in mezzo agli alberi, che a velocità normale non avevo mai notato.
La tratta fuori terra mi garantisce, a volte, la mia dose quotidiana di natura; non é cosa da poco per un pendolare di Milano.
Si comincia meglio

lunedì 2 aprile 2012

FUORI SERIE


08.33 amarcord.
Non sono in metropolitana, e non sto andando in ufficio. Quindi non dovrei scrivere. Sono però su un treno del passante, ed é mattina,e poi venerdì ho avuto il collega compagno di viaggio.
Insomma ho deciso di scrivere.
Per caso, ho scritto un sms e mi é venuto in mente che anche questo é un viaggio e come quasi  tutti i viaggi vale la pena di essere scritto.
Sono su un treno treno, pieno di gente molto più di qualunque metropolitana all'ora di punta. Un treno di pendolari. Studenti e lavoratori, tutti pressati qui sopra. Gente sulle scale, in piedi, gente che arriva da lontano, che studia in treno, dorme, si spoglia e si veste, conosce e riconosce i propri compagni di viaggio.
Per me é un ricordo, bello in fondo.
Siamo a Lancetti nel frattempo. Sms.
Non su questa tratta, ma sulla linea Milano Bergamo. Per qualche mese sono stato un pendolare. Non ricordo nemmeno per quanto, ma ci posso arrivare.
Se ho iniziato a vivere a Bernareggio a novembre 2009 e ci hanno deportato ad Assago a marzo del 2010, cinque mesi. Non sono certissimo dei calcoli, perché ricordo viaggi estivi, ma così non tornano i conti.
Scrivo camminando tra la folla che va verso la metropolitana, la parentesi amarcord é finita, anzi sono già sulla familiare linea verde. A Garibaldi, stazione della quale la voce narrante decantava appunto la connessione con tante linee suburbane.
Sto andando a casa dopo una sveglia all'alba degna dei tempi bernareggesi, quelli già successivi al trasferimento ad Assago, quando sono stato costretto ad abbandonare la vita da pendolare su strada ferrata (avrei dovuto prendere nell'ordine auto fino in stazione, treno fino a garibaldi, metro fino a famagosta, navetta fino ad Assago. E viceversa) per intraprendere la carriera di commuter gommato: sveglia alle 5.45, al volante entro le 6.20, per poter anticipare di 5 minuti la marea montante di auto dirette in tangenziale est e poi via, 54 km di tangenziali per arrivare alle 7 in ufficio.
Per l'esattezza nel parcheggio dell'ufficio, dove, lo ammetto senza vergogna, ho spesso dormito in macchina fino alle 7.30, ora a partire dalla quale il mio lungimirante datore di lavoro iniziava a pagarmi.
108 km al giorno per 5 giorni alla settimana. é così che ho ucciso la torpedo blu.
Sono a Piola, già sulle scale, ma tanto oggi é un'edizione speciale, posso fare un po' quello che mi va. Anche gli altri giorni, sia chiaro.
9.02 via Pacini. Buona giornata lavoratori